Pestaggio con la mazza: si va in appello

Pestaggio alla stazione di servizio di Bellinzona: si va in Appello. È quanto conferma al Corriere del Ticino l’avvocato Maria Galliani, patrocinatrice del 52.enne cittadino svizzero di origini polacche che la scorsa settimana era stato condannato a una pena detentiva di 13 anni e mezzo. La Corte delle Assise criminali aveva confermato nei suoi confronti l’ipotesi di tentato assassinio formulata dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti. L’uomo il 4 febbraio 2022 aveva aggredito a mazzate un conoscente per un debito di 25.000 franchi. La difesa, come detto, ha però deciso di inoltrare dichiarazione di ricorso contro la sentenza pronunciata dal giudice Amos Pagnamenta e attende ora le motivazioni scritte.
In aula, la scorsa settimana, si erano scontrate le tesi opposte dell’accusa e della difesa. Secondo la procuratrice pubblica Pamela Pedretti, che aveva chiesto una pena di 14 anni di carcere per tentato assassinio, il 52.enne sapeva esattamente quello che stava facendo quel pomeriggio: «Non ha colpito a casaccio nel tentativo di difendersi durante un alterco, come dice. Anzi, sapeva benissimo che con quei colpi di mazza poteva fare molto male. Ha aggredito la vittima, colpendola alla testa, quando questa si trovava di spalle e continuando anche quando era a terra. La sua intenzione era quella di dare una lezione al suo conoscente al quale doveva i soldi, non certo di chiarirsi. Voleva ucciderlo, eliminando così anche il suo debito e tutti i problemi». Nel compiere questi atti, come aveva sottolineato ancora la pp, «l’imputato ha agito con premeditazione, mancanza di scrupoli e con modalità e movente particolarmente perversi, come chi non tiene in conto la vita altrui, pronto a sacrificarla per i propri interessi».
Dal canto suo l’avvocato Maria Galliani si era battuta per una massiccia riduzione della pena, chiedendo per l’imputato al massimo 4-5 di detenzione: «Quello di cui stiamo parlando non è un tentato assassinio, ma un tentato omicidio per dolo eventuale commesso in un eccesso di legittima difesa». «Il mio assistito - aveva spiegato Galliani - merita di essere condannato, ma a una pena giusta che corrisponda ai fatti accertati oggettivamente». La difesa aveva motivato questa tesi ritenendo che, durante l’alterco, lo scontro tra i due uomini sarebbe stato reciproco e non un attacco unilaterale dell’imputato alle spalle della vittima. Inoltre è «difficile tracciare con chiarezza i contorni del litigio», aveva rilevato la legale. «Non è stato infatti possibile verificare in modo oggettivo il numero e la sequenza dei colpi inferti e la posizione dei protagonisti durante la colluttazione». La patrocinatrice del 52.enne aveva anche sottolineato che - stando alle perizie - la vittima «non si è mai trovata in pericolo di morte imminente e concreto». La Corte ha però deciso altrimenti.