L'intervista

Swatch, l'universo MoonSwatch e le code: che cosa dice il marketing?

La novità annunciata dall'azienda svizzera e le lunghe file generatesi davanti al negozio di Zurigo rispondono a logiche precise: dalla «sacralizzazione» al «sacrificio» – Ne parliamo con il professor Visconti
© Mattia Sacchi / Swatch
Jenny Covelli
07.03.2023 17:00

«Mission to Moonshine Gold». 7 marzo. Zurigo, Tokyo, Milano, Londra. Sono pochissime le informazioni con cui Swatch ha inizialmente lanciato la novità dell'universo MoonSwatch, frutto della partnership con OMEGA: il Gold MoonSwatch. Di cui, fino alle 10.30 di questa mattina, non si sapeva letteralmente nulla, se non che sarebbe stato, appunto, Gold. Fatto sta che il primo annuncio social (a cui ne è seguito un secondo alle 10.30 che ha tolto l'effetto segretezza) ha scatenato un'enorme curiosità. Anche per, appunto, l'estremo mistero che ha avvolto l'operazione. Un'operazione di marketing sicuramente nata sulla scia dell'enorme successo della collezione MoonSwatch, dalle code davanti ai negozi alle rivendite online. E proprio di marketing parliamo con Luca Massimiliano Visconti, vicedirettore dell'Istituto di marketing e comunicazione aziendale (IMCA) dell'Università della Svizzera italiana (USI), che ci svela come, in realtà, la strategia di Swatch risponda ad alcuni principi «convenzionali».

La sacralizzazione del consumo

Questo evento specifico, infatti, utilizza «principi teorizzati alla fine degli anni Ottanta da ricercatori americani: il "processo di sacralizzazione" del consumo. I ricercatori dicevano che il confine tra la sfera del sacro e del profano era diventato sempre più fragile. Da una parte si notava il profanarsi delle religioni, e dall’altra osservavano come alcune marche e sfere del consumo fossero state elevate a prodotti quasi sacri». Quindi, tutto parte da lì. «I colleghi hanno cercato di comprendere e teorizzare alcuni principi che potevano aumentare la capacità di una marca o di un prodotto di essere percepiti come più prestigiosi in termini di valore sacro».

Ma andiamo più nel dettaglio. «Uno è il principio dell'Epifania, della rivelazione». Perché c’è modo e modo di lanciare un prodotto. «Il modo classico consiste nell'informare la clientela sul prodotto: caratteristiche, benefici, migliorie rispetto al modello precedente. Nel contesto dell’Epifania, invece, si tratta proprio di una rivelazione». Un esempio? Apple. «Ogni nuovo prodotto viene presentato come la rivelazione di un profeta, una tavola svelata. Tutto il contesto nero, Steve Jobs a suo tempo in total black; stanno dicendo al consumatore che non è solo un prodotto, ma qualcosa che cambierà la loro vita. Come una sorta di divinità che viene a salvarci». Il primo approccio di Swatch, un lancio anticipato senza una rappresentazione chiara del prodotto (il primo post sui social, per intenderci), è rappresentativo del principio dell'Epifania: allusioni che lasciano spazio alla fantasia del consumatore. 

Il principio del sacrificio

Il professor Visconti ci spiega poi un altro principio: quello del sacrificio. La cui paternità è affidata ancora ai ricercatori di fine anni Ottanta. «Diversamente dall'assunto che fare marketing significhi porre al centro della strategia la vita del cliente e i suoi bisogni, quando si punta sulla sacralizzazione il principio del sacrificio e della frustrazione sono più efficaci». Sacrificio e frustrazione dei consumatori, ovviamente: produzioni limitate, persone che attendono per ore in strada in fila e che, nonostante questo (il sacrificio), non sanno se riusciranno ad accaparrarsi l'orologio (il risultato non è garantito) e se potranno permetterselo. Anzi, stamattina non sapevano nemmeno se sarebbe stato messo in vendita o se si sarebbe trattato solo di una presentazione. Eppure erano lì, al freddo, davanti al negozio. «Azioni tipiche del principio del sacrificio. Che va di pari passo con la cratofania. Nel sacro c'è sempre l'unione di qualcosa di positivo con qualcosa di negativo. Come nelle religioni: da una parte c'è la promessa della salvezza, dall'altra un sistema di punizioni. Anche in questo caso, in qualche misura, un sistema di punizioni c’è». Il messaggio, intrinseco, è che se non sei tra i primi ad acquistarlo, sarai costretto a pagarlo di più con la rivendita online. Insomma, dietro a un'operazione come quella odierna ci sono i classici meccanismi del marketing.

Il MoonSwatch consente a OMEGA di raggiungere un pubblico più giovane e accessibile, ma con l’allure della marca Swatch
Luca Massimiliano Visconti, vicedirettore dell'Istituto di marketing e comunicazione aziendale (IMCA) dell'Università della Svizzera italiana (USI)

«Time is what you make of it»

Una strategia coerente con il posizionamento storico di Swatch. Che ha ripreso il claim (lo slogan) del 1998, lo spot che (recuperando Breathe di Midge Ure) recitava così: «How Long is a Swatch Minute? Time is what you make of it». «Che sia un secolo o un solo respiro, ciò che conta è quel che fai del tuo tempo. Probabilmente lo slogan Swatch per eccellenza, valido sempre, ovunque, per chiunque – aggiunge Visconti –: il senso della libertà e della massima flessibilità racchiusi in un piccolo oggetto con cui segnare il trascorrere delle proprie giornate». La collaborazione con OMEGA «ha funzionato molto bene e ha catturato pubblici anche differenti. Dai cultori di una delle due marche, ai collezionisti, passando da chi è stato travolto dall’effetto hype "tutti lo vogliono e lo voglio anche io", fino a chi lo acquista per guadagnarci con la rivendita. È come se l'orologio racchiudesse un valore intrinseco». Il MoonSwatch, inoltre, «consente a OMEGA di raggiungere un pubblico più giovane e accessibile, ma con l’allure della marca Swatch. Dall'altra parte, consente a Swatch di entrare nella fascia medio-alta dell’orologeria. Con l'aggiunta che Swatch non è solo un accessorio di moda, ma un prodotto svizzero di qualità».

Non ci sono solo gli smartwatch

I conti 2022 di Swatch si sono chiusi con vendite per 7,5 miliardi di franchi (+3%) e un utile netto di 823 milioni (+6%). Dal lancio degli undici modelli Moonswatch, in nove mesi erano state smerciate più di un milione di unità. Sulla scia di questo successo, anche l'intera collezione Speedmaster del marchio OMEGA, proprio con i modelli Moonwatch, ha beneficiato di ulteriore attenzione. Il tutto, in un mondo dedito ormai agli smartwatch. «Un messaggio da parte di Swatch – aggiunge l'esperto di marketing – al mercato: quella degli smartwatch è una traiettoria del mercato, ma ce ne sono altre e non sono superate. Un'operazione di forza, quasi arrogante, nel rivendicare l’eternità di un prodotto che non necessariamente è morto, per tutte le generazioni. E che riporta in negozio i "vecchi consumatori" che si erano allontanati da un prodotto "troppo giovane"».

Se il Gold MoonSwatch piacerà o meno, lo scopriremo nei prossimi giorni. Le prime reazioni online non sono delle migliori, più che altro per la delusione di un lancio, appunto, segreto e spettacolare. «Non è possibile che abbiamo aspettato una nuova release e tutto ciò che otteniamo è una lancetta dorata». L'attenzione, in ogni caso, è stata catturata. «Dietro il lancio c’è sicuramente una strategia. Ma, onestamente, non so quanto fossero consapevoli di sbloccare una miniera d’oro con il MoonSwatch – conclude Visconti –. Siamo noi consumatori a decidere quale, tra le iniziative, sia la più riuscita. A volte il successo non lo possiamo anticipare o misurare con anticipo».

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