Ticino

«Con Bally promuoviamo la cultura e la sostenibilità in Ticino»

Nicolas Girotto, ceo della multinazionale di Caslano: «Nella nostra azienda convive la nostra anima ticinese con quella più internazionale» - VIDEO
Mattia Sacchi
04.05.2022 06:00

Un'eccellenza internazionale, ma con un cuore ticinese. È l'essenza di Bally, conosciuta in tutto il mondo per le sue scarpe e i suoi prodotti di lusso. Ma che ha trovato in Caslano e nel Ticino una perfetta base operativa. Un legame, quello con il territorio, che nel tempo si è consolidato sempre di più. A dimostrarlo la recente inaugurazione della boutique in Via Nassa a Lugano e, soprattutto, i lavori per la creazione del Bally Heleneum Lab, un progetto innovativo che abbina l'aspetto più culturale alla costante ricerca per l'innovazione, due capisaldi del dna Bally.

A parlarci di queste novità Nicolas Girotto, Ceo del brand svizzero.

Da oltre vent’anni Bally è una delle più brillanti realtà produttive del Malcantone, continuando tuttavia a operare in un contesto internazionale. Come convivono queste due anime?
«Sin dalla sua fondazione Bally è stata caratterizzata da un bilanciamento tra il mantenimento delle sue peculiarità svizzere e una visione internazionale. Basti pensare che già nel 1870 l’azienda aveva aperto il suo primo negozio a Montevideo, in Uruguay. Nonostante abbiamo sedi regionali a New York, Shangai, Sidney e Tokyo, ancora oggi è da Caslano che gestiamo tutte le nostre attività, a partire dagli oltre 900 punti vendita in tutto il mondo. E sempre dal Ticino abbiamo un centinaio di artigiani che si occupa della produzione di scarpe da uomo, che produce tra le 150 e le 200mila paia di scarpe l’anno. Artigiani con in media 17 anni di esperienza con noi: riteniamo quindi fondamentale mantenere e valorizzare il loro inestimabile know-how. La convivenza delle due anime, quella svizzera e quella internazionale, è peraltro rappresentata dalla sede di Caslano, che è idealmente locata in un’asse tra Milano, capitale della moda, e Zurigo, polo d’innovazione all’avanguardia, un aspetto da sempre insito nel nostro dna».

Ma quanto vi sentite ticinesi?
«Come detto prima, riteniamo che il Ticino sia il centro ideale per un’azienda internazionale. Per questo è significativa la recente inaugurazione della boutique in Via Nassa a Lugano, che ci permette di essere presenti in una delle vie più amate dai luganesi. Ma, al di là delle opportunità lavorative, è stato per noi fondamentale dare un contributo alla comunità che ci ospita. A partire dalla Fondazione Bally che da oltre 15 anni si impegna per sostenere gli artisti ticinesi con il suo premio annuale di importanza nazionale “Bally Artist of the year”, in collaborazione con il Masi. Inoltre è ormai noto il nostro progetto di Villa Heleneum a Lugano, un museo e un archivio che aprirà le porte del mondo Bally ai luganesi e ai turisti. Ribadendo la nostra volontà di essere cittadini del mondo… ticinesi!».

Ha accennato al Bally Heleneum Lab (Fondazione Bally a Villa Heleneum), un progetto che vuole raccontare la storia del brand ma che si propone di essere anche un tavolo di discussione sul futuro e l’innovazione, non solo della moda.
«Abbiamo archivi di una ricchezza unica, che raccontano i nostri 171 anni di storia e che vogliamo mettere a disposizione del pubblico. Non solo capi di abbigliamento e scarpe, ma anche fotografie e poster di eccezionale bellezza che rivendicano il nostro legame con il mondo dell’arte e della cultura. Essendo il nostro passato caratterizzato da una costante ricerca dell’innovazione, ci è sembrato inoltre necessario connotare il nostro progetto luganese anche su una visione del futuro. In particolare sviluppando 4 temi: moda e artigianalità, tecnologia e innovazione, ambiente e cultura. Temi che affronteremo non solo attraverso un’attività museale, con mostre ed esibizioni, ma anche con workshop e momenti di dialogo: un attività educativa che permetterà di aprirci ai giovani, ai quali racconteremo la Bally di ieri ma soprattutto la Bally di domani».

© CdT/Putzu
© CdT/Putzu

Per rivolgersi ai giovani è però necessario parlare il loro stesso linguaggio: è per questo che avete stretto una collaborazione con Rhuigi Villaseñor, recentemente nominato direttore creativo di Bally?
«Siamo davvero fieri di essere riusciti a inserire in squadra una persona del calibro di Rhuigi, che con il suo marchio Rhude ha dimostrato tutto il suo talento, creatività e potenzialità. Il suo profilo non è importante solo per la sua base di follower e fan che ha da tutto il mondo, ma anche per la sua capacità di rivisitare il lusso in chiave moderna, attraendo le nuove generazioni che mixano sempre di piu’ il formal wear con lo streetwear. Rhuigi non è solo un designer, ma un vero e proprio artista multidisciplinare che siamo sicuri saprà avvicinare il brand ai piu’ giovani. Di certo sa parlare anche a noi, vista l’empatia che si è generata sin dal nostro primo incontro. Inoltre ha già annunciato che passerà molto tempo tra Lugano e Caslano, dimostrando che ha sposato la nostra filosofia di brand internazionale con un’anima territoriale».

Gli stessi giovani hanno dimostrato di essere particolarmente sensibili ai grandi temi globali, a partire dalla lotta al riscaldamento globale.
«Un tema che tocca personalmente anche me e che cerco quindi di riflettere anche nel mio ruolo di Ceo. Ogni azienda è come un cittadino e per farla crescere nella maniera corretta non deve perseguire solo il mero business, bensì considerare le persone e l’intero contesto sociale in cui opera. Per essere “buoni cittadini” noi di Bally abbiamo deciso di passare dalle parole ai fatti, passando dallo 0 al 60% della produzione di elettricità da fonti rinnovabii. Un dato che arriverà al 79% entro la fine del 2022. Inoltre siamo riusciti a incorporare nella nostra supply chain il 40% di materiali provenienti da fonti sostenibili. Insomma, tutta l’azienda è mobilitata in questo impegno ecologico, che è probabilmente un importante retaggio del legame di Bally con il mondo della montagna: basti ricordare che la prima persona che ha raggiunto la cima dell’Everest aveva le nostre scarpe. Questo profondo legame è rimasto e da due anni siamo impegnati a pulire i vari campi base dell’Everest. Un’operazione che non solo ci ha permesso di raccogliere oltre 7 tonnellate di rifiuti ma che soprattutto ha sensibilizzato molto i nostri team, che si sono sentiti coinvolti in un progetto estremamente positivo, spingendoci a fare sempre meglio anche per questo tema di importanza globale».

Da 7 anni è parte attiva di una lunga storia svizzera di successo. In un certo senso anche un autore. Ma qual è la cosa che la affascina di più dei 170 anni di Bally?
«Sicuramente la costante innovazione, che è proprio nello spirito dell’azienda sin dalla sua genesi, quando un imprenditore che produceva nastri ha avuto l’idea di realizzare scarpe. Ma è estramamente affascinante scoprire tutti quegli aspetti che, al di là del prodotto finito, dimostrano come Bally sia stata nel corso della storia un’azienda all’avanguardia: è stata tra le prime a occuparsi del benessere e dei diritti dei propri collaboratori e ha rivoluzionato il mondo della comunicazione chiamando artisti famosi per le campagne pubbicitarie, che infatti rimangono ancora oggi dei piccoli capolavori. Da parte mia l’obiettivo è quello di mantenere questa filosofia innovatrice, puntando molto sull’aspetto digitale. Dalla creazione dei prototipi in 3d anche ai virtual showrooming, che hanno avuto importanti feedback durante la pandemia. Una sfida che stiamo conducendo grazie anche alla collaborazione con il Life Style Competence Centre, del quale siamo partner e che rimarca ancora la nostra volontà di operare con le eccellenze del territorio ticinese».

Ha accennato alla pandemia, che ormai non è più l’unica minaccia con cui confrontarsi.
»È evidente che stiamo affontando un periodo molto scuro per l’umanità. Questo ha portato inevitabilmente le aziende a ripensare ai propri modelli e alle proprie strategie. Di fatto le crisi sono sempre state acceleratori di trasformazioni e per questo, anche se oggi quello che vediamo ci fa paura, abbiamo il dovere di rimanere positivi, coscienti che la voglia di guardare a un futuro migliore riuscirà a darci la forza di proporre una Bally sempre più attuale e sensibile ai temi globali».

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