Ticino

L'imprenditore diventato frontaliere «per disperazione»

Il costo della vita spinge ancora residenti in Ticino a trasferirsi oltre confine - Per gli esperti il trend calerà in futuro - La storia di chi, intanto, ha gettato la spugna
©Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
20.07.2025 09:00

Andarsene dal Ticino, senza andarsene veramente. Stesso lavoro, stesso stipendio, ma una vita nuova e una casa oltre confine. Nel «mucchio» dei frontalieri in Ticino - 78.433 a marzo, in calo rispetto all'anno scorso - ci sono anche loro: gli ex residenti che gettano la spugna. Una minoranza in controtendenza, in un momento in cui - complice il nuovo regime fiscale - sono in molti, al contrario, a scegliere il permesso B al posto del G

I numeri

Ma il via vai è in entrambi i sensi. C'è chi arriva e chi parte. Secondo i dati dell'USTAT, dal 2013 al 2019 i «frontalieri al contrario» sono passati da 587 a 941 unità, nel 2020 erano 836. I dati degli ultimi anni non sono ancora noti: quello che ci si chiede - se lo chiedono gli statistici, in primis - è se le cose stiano cambiando. 

Lasciare il Ticino per fare il frontaliere è meno conveniente di un tempo? In attesa dei numeri, una parte della risposta può venire dal racconto di chi la scelta l'ha fatta, nonostante tutto. L'altra faccia della medaglia sarebbe la versione di quanti - difficile calcolarli - la scelta invece non l'hanno fatta: ma probabilmente non la conosceremo mai. Francesco è un imprenditore del Sopraceneri e ci tiene a mantenere l'anonimato. Ha un'azienda informatica con una dozzina di dipendenti e negli ultimi mesi ha dovuto prendere una decisione sofferta. 

La testimonianza

«Sono nato e cresciuto in Ticino e non avrei mai pensato di dover lasciare il mio paese» racconta. In queste settimane il 30.enne sta organizzando il trasloco in un comune nella fascia di confine: sposterà la sua abitazione, non l'azienda. Diventerà insomma un imprenditore frontaliere (nuovo frontaliere), una categoria minoritaria nella massa dei pendolari salariati: ma nel caso di Francesco, la scelta di lasciare il Ticino è dovuta proprio al suo essere imprenditore. 

«Molte persone non lo immaginano ma chi apre un'azienda spesso deve affrontare un lungo periodo senza guadagni, o con guadagni rosicati, nella fase di avviamento che può durare anche diversi anni» sottolinea Francesco. La sua azienda va bene, è in crescita e non ha problemi finanziari. «I miei dipendenti ricevono regolarmente gli stipendi, giustamente, e per molti versi se la passano meglio di me». 

Costretto ad andarsene

Se la situazione aziendale è solida quella personale di Francesco lo è molto meno. Tra affitto e cassa malati, racconta, spende «praticamente tutta» la remunerazione che riesce a trarre per sé dalla società, in questa fase. «Ho sempre messo l'azienda prima di tutto perché volevo creare valore sul territorio, ma purtroppo la nostra categoria non viene ricambiata dallo Stato con altrettanta considerazione». 

In quanto proprietario (asset aziendale) l'imprenditore non può avere accesso a contributi e sussidi personali. «Ho capito con il tempo che l'unica chance che mi rimaneva, per fare una vita decente e mantenere l'azienda in Ticino, paradossalmente, era andarmene io». 

Ho capito che l'unica chance che mi rimaneva per mantenere l'azienda in Ticino, per assurdo, era andarmene io 
Francesco

E così ha deciso. Tra affitto in Italia, imposte alla fonte e aliquote italiane (previste dal nuovo regime fiscale) Francesco ha calcolato che spenderà comunque «quasi la metà» rispetto a quanto ha speso finora in Ticino per vivere. «Spero che sarà una cosa temporanea, e sono molto arrabbiato, per questo voglio denunciare questo paradosso». 

Gli esperti: «In futuro il trend cambierà»

Il fenomeno è contro-intuitivo. In realtà, gli esperti si aspettano una diminuzione di questo tipo di trasferimenti nel breve termine. Fino al 2020 - ultimo dato disponibile - era vero il contrario, sottolinea uno studio pubblicato l'anno scorso dall'USTAT. «La tendenza storica indicava un aumento dei residenti che diventavano frontalieri, e un calo dei frontalieri che diventavano residenti» fa notare il responsabile del Settore Economia dell'USTAT Maurizio Bigotta. Il dato sarà oggetto di approfondimenti futuri «soprattutto per capire l'impatto del nuovo accordo fiscale e del salario minimo».  

È difficile dire, per ora, se si arriverà a un'inversione di tendenza. «Ci aspettiamo però che le due curve si avvicinino» afferma Bigotta. La questione fiscale può essere sottovalutata da chi si trasferisce in Italia, ma in realtà «sarà un grande deterrente nel lungo periodo» secondo l'economista Samuele Vorpe, direttore del Centro competenze tributarie e giuridiche della Supsi. «Ci sono diversi fattori di cui tenere conto: il costo della vita e gli aumenti di cassa malati in Ticino, da una parte, dall'altra l'accessibilità della proprietà immobiliare in Italia, possono certamente ancora spingere i residenti al frontalierato». Gran parte dei vantaggi, però, sono di fatto annullati dal carico fiscale che, dal 17 luglio 2023, per i nuovi frontalieri «può essere di dieci volte superiore a parità di reddito rispetto a chi risiede in Ticino, dove l'aliquota massima è applicata a partire da livelli di reddito molto più alti». Poi, ognuno fa i suoi conti.