«Non vorrei che aumentasse il rischio»

«Non vorrei che avesse l’effetto contrario, aumentando il rischio invece di diminuirlo». Si esprime a titolo personale, non avendo ancora affrontato la questione con i colleghi di Municipio, in ogni modo la sindaca di Blenio Claudia Boschetti Straub è scettica sull’eventualità di posare la segnaletica per scoraggiare gli escursionisti ad affrontare la traccia alpina che porta ai 2.205 metri della capanna Scaletta. Ossia la scorciatoia che domenica sarebbe risultata purtroppo fatale al 14.enne di Bisuschio, caduto durante un’escursione con amici e monitori della società sportiva ASD Virtus che conoscono la zona. Rimangono nel frattempo sempre gravi le condizioni degli altri due ragazzi: il quasi 15.enne di Induno Olona, compagno di squadra della vittima, ed il tredicenne del Mendrisiotto che ha tentato di soccorrere i coetanei.
«Ogni passo va ben calibrato»
I Comuni hanno l’autorizzazione di collocare o meno dei cartelli sul proprio territorio. In tempi recenti lo ha fatto ad esempio Rovio, per rendere attenti gli escursionisti della pericolosità di un sentiero situato a ridosso del paese. Il discorso è diverso per un villaggio come Blenio, per superficie fra i più grandi del Cantone con oltre 22.000 ettari, di cui soltanto il 3% edificabili. «Posando una segnaletica in quel punto andremmo a creare un precedente. Poi bisognerebbe fare lo stesso nelle altre zone critiche del nostro territorio e anche nelle altre regioni del Ticino. A mio avviso occorre piuttosto proseguire sulla strada intrapresa con il progetto ‘Montagne sicure’: sensibilizzare e prevenire», puntualizza la sindaca.
La quale pone subito l’attenzione su un ulteriore aspetto. Il possibile rovescio della medaglia, se così vogliamo chiamarlo. «Al giorno d’oggi, dove i social la fanno da padrone, ci sono persone che corrono dei rischi inutili solo per scattarsi un selfie. Sinceramente avrei il timore che qualcuno, dopo aver visto il cartello, percorresse comunque quella scorciatoia proprio perché pericolosa. Per provare il brivido», annota Claudia Boschetti Straub. Lei conosce ogni centimetro di quella traccia alpina: «Fin da subito si capisce che è palesemente pericolosa. A occhio nudo lo si percepisce. Ogni passo dev’essere ben calibrato. Basta davvero poco per perdere l’equilibrio, soprattutto quando la si affronta in discesa».
«Uno sbarramento? Difficile»
A metà agosto, quindi tre settimane or sono, TicinoSentieri (che ha il mandato legato alla sorveglianza della rete dei sentieri escursionistici di importanza cantonale e locale) ha sollecitato gli attori presenti sul territorio a «segnalare ogni sbarramento previsto sulla rete». Come ci ha spiegato il responsabile tecnico Federico Cattaneo, si trattava di una richiesta per accertarsi della presenza di eventuali cantieri, così da aggiornare lo stato della rete ed informare Swisstopo chiamato ad inserire le deviazioni sulla cartografia federale online. Nulla a che vedere, pertanto, con le vie ritenute potenzialmente critiche, come la scorciatoia per la capanna Scaletta: «Quello non è un sentiero, ma una traccia alpina molto insidiosa. Si cerca di dissuadere gli escursionisti dall’affrontarla, attraverso l’ausilio di un cartello segnaletico che invita a percorrere il sentiero ufficiale, che non va mai lasciato».
Di più non si può proprio fare, chiediamo in conclusione? «Difficile procedere ad uno sbarramento fisico della scorciatoia. Anche perché, altrimenti, bisognerebbe fare lo stesso in altre parti del Cantone. Il Comune di Blenio, in ogni modo, se dovesse ritenerlo opportuno potrebbe procedere in tal senso», conclude il nostro interlocutore.
«Un ragazzo solare»
Il dolore della famiglia del 14.enne è il dolore di tutta la comunità di Bisuschio. Gli abitanti del paese del Varesotto non riescono ancora a credere di aver perso un ragazzo «sempre sorridente, educato e gentile, che sapeva farsi voler bene», come l’hanno ricordato in queste ore sia il sindaco Giovanni Resteghini sia il parroco don Adriano Bertocchi nonché tutti coloro che hanno accolto la famiglia di origini marocchine trent’anni fa.