Calcio

Di corsa verso la Coppa: il vecchio prof e i segreti del 1993

Il preparatore fisico Giovanni Mauri, storico collaboratore di Carlo Ancelotti, contribuì all'ultimo trofeo conquistato dal Lugano - «Nel 1992, dopo la finale persa, promisi a Helios Jermini che avrei riportato i ragazzi al Wankdorf»
Massimo Solari
11.05.2022 06:00

Giovanni Mauri ha vinto di tutto. E ovunque. Essere lo storico preparatore fisico di Carlo Ancelotti, d’altronde, costituisce una sorta di assicurazione sul successo. Champions League, scudetti, trofei nazionali e internazionali. Alla voce «palmarès», quella bibbia di Transfermarkt scorda tuttavia il primo, vero titolo conquistato dal 65.enne di Varese. La Coppa Svizzera con il Lugano, già, nel 1993. «Sbarcai a Cornaredo un anno e mezzo prima, prelevato dal Bellinzona, dove ero approdato con il tecnico Antonio Pasinato. Fu Marc Duvillard a contattarmi, alla luce dei pessimi risultati registrati dalla squadra in avvio di stagione 1991-92. Mi chiese di testare la condizione del gruppo e, in effetti, emersero dei dati poco rassicuranti. Dalla collaborazione al contratto in bianconero il passo fu breve». L’avvento di Karl Engel sulla panchina, pochi mesi dopo, completò la svolta bianconera: il posto in Lega Nazionale A venne salvaguardato e il cammino in Coppa Svizzera si rivelò entusiasmante. Perlomeno sino al giorno della finalissima. «Il rammarico e la rabbia per la sconfitta contro il Lucerna furono enormi» ammette Mauri, riavvolgendo il nastro dei ricordi. «Rammento però con piacere le parole scambiate a fine gara con il compianto Helios Jermini, all’epoca ancora vicepresidente del club. Ci eravamo ritrovati in panchina, uno di fianco all’altro, entrambi delusissimi. Fu allora che gli feci una promessa: “Signor Jelmini, farò di tutto per portare la squadra al Wankdorf anche l’anno prossimo. E in piena forma”. Sul momento, va da sé, si trattò di una frase di circostanza. Ma esserci riuscito per davvero, non lo nascondo, mi riempii d’orgoglio»

I giocatori si fidavano ciecamente di me. Tita Colombo era il leader di un gruppo esploso sul piano agonistico

«Quando Manzoni mi strigliò»

A farne le spese fu il grande Grasshopper di Leo Beenhakker. «Sulla carta - osserva Mauri - un avversario molto più forte del Lugano. La giornata era calda, il terreno del Wankdorf comunque pesante. Li aggredimmo da subito, o meglio, né più né meno li surclassammo sul piano fisico. In questo modo il gap tecnico - che oggettivamente c’era - venne annullato. Con buona pace per il presuntuoso allenatore delle cavallette». Un 4 a 1 passato alla storia, «favorito dalla spinta di 10.000 ticinesi e concluso con una festa indimenticabile a Palazzo Civico» sottolinea l’ex preparatore fisico bianconero. Ora si sogna di ripetere quelle gesta. E quelle folli celebrazioni. Al nostro interlocutore, al proposito, chiediamo come rese possibile quel trionfo. Come, cioè, preparò Nestor Subiat e compagni all’impresa del 31 maggio 1992. «In verità, a ridosso della finale di Berna venni strigliato dal presidente Francesco Manzoni. Cinque giorni prima, infatti, avevamo rimediato una batosta dal Neuchâtel Xamax, 4-1 a Cornaredo. “Ma come, c’è la finale e ci presentiamo in questo stato?” mi disse. Ma tutto era stato calcolato, sia dal sottoscritto sia da Engel. Il carico di lavoro svolto nei giorni precedenti era finalizzato all’incontro del Wankdorf. Anche i giocatori si fidavano ciecamente di me. E al proposito mi viene in mente Tita Colombo: nonostante i problemi alle ginocchia, era il leader di una formazione che sul piano dell’agonismo ha costruito pure il successo in Coppa. Grazie a una carica cresciuta progressivamente e alimentata soprattutto da mister Engel».

La forza dei purosangue

Anche Mattia Croci-Torti, venendo al presente, può fare leva su spiccate doti di motivatore. Il San Gallo, ultimo ostacolo tra il Lugano e il trofeo, tuttavia non scherza in termini di fisicità. «Pensare di replicare la preparazione del ‘93 a questa vigilia, ad ogni modo, mi risulta difficile» osserva Mauri: «Per una questione di strumenti a disposizione, innanzitutto, e quindi di metodologia del lavoro. A contare, stringi stringi, sono però le caratteristiche atletiche dei giocatori in rosa». Parametri, questi, che il preparatore di Varese oramai cura nei cavalli purosangue. «Con Ancelotti gestiamo una scuderia al galoppo. La filosofia dei Mauri, nello staff di Carlo al Real Madrid, viene invece portata avanti da mio figlio Francesco».

L’auspicio, naturalmente, è che domenica anche il Lugano possa fare affidamento sui suoi di purosangue. «Se è arrivato sino all’ultimo atto, significa che in squadra questi elementi non mancano» afferma sicuro il prof del 1993, lanciando la partitissima bianconera: «Vincere la Coppa Svizzera è stato uno dei momenti più belli della mia lunga carriera. E di finali, senza con questo voler apparire arrogante, io ne ho conquistate tante».

Il sintetico e le 24 ore di riposo in meno - "Ma occhio al caldo"

«Ah, ora il terreno del Wankdorf è sintetico?». Già, è proprio così. «Allora le cose cambiano e parecchio» riconosce Mauri. «Ricordo che ai tempi del Milan, al centro di Milanello venne realizzato un nuovo campo non in erba naturale. Ebbene, i senatori rossoneri non ci vollero mai andare» (ride, ndr). Il vecchio preparatore bianconero parla ad esempio del «tackle scivolato» come gesto tecnico. «E mi permetto di fare i nomi di due grandissimi ambasciatori di questa giocata: Alessandro Nesta e Paolo Maldini. Togliendo loro quest’arma, e più in generale ai difensori centrali, beh, si priva la squadra di un prezioso atout». Okay, ma per gli allenatori moderni sembrerebbe anche comportare un rischio accresciuto di infortunio. «Dal punto di vista atletico, invero, il sintetico può favorire un maggiore uso delle energie elastiche. Questo, però, solo se il giocatore è bene allenato e dispone di una muscolatura flessibile. In caso contrario, è più facile incappare in stiramenti. Per non parlare delle caviglie e delle ginocchia usurate».

Il San Gallo, dettaglio, ha (ri)preso le misure del Wankdorf già ieri sera, in occasione della gara di campionato contro lo Young Boys. Ma riguardo all’avvicinamento alla finale dei biancoverdi, a fare discutere sono le 24 ore di riposo in più rispetto al Lugano. L’esperto in materia cosa ne pensa? «Godere di un cuscinetto aggiuntivo di 24 ore non fa sicuramente male. Ma sono certo che lo staff bianconero avrà ponderato nei minimi dettagli questa condizione di parziale disparità. Detto ciò, se la finale fosse stata sabato avrei ravvisato qualche controindicazione. Di tempo per recuperare al meglio, insomma, il club ticinese ne avrà a sufficienza». Come nel maggio del 1993, dovrebbe fare abbastanza caldo. Sole e, a Berna, massime addirittura di 25 gradi. «Non una collocazione molto intelligente» afferma senza tanti giri di parole Mauri: «29 anni fa sfidammo il GC in condizioni analoghe. Nelle settimane precedenti il match, avevamo svolto un lavoro importante di termoregolazione. Un lavoro che, non ho dubbi, contribuì a prevalere sull’avversario».

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