Super League

Rumo e la formula magica: «Ma attenzione a quella riga»

La proposta di riforma del campionato, con 12 squadre e classifica suddivisa a stagione in corso, ricorda il modello introdotto nel 1987
Massimo Solari
13.04.2022 06:00

Dall’altra parte della cornetta, Freddy Rumo ride di gusto. Quasi imbarazzato. «Se sono onorato? No, cioè sì... Avere ragione prima degli altri non deve far paura. Le buone intuizioni, dopo tutto, sono eterne». Ieri, nel 1987. E forse domani, dalla stagione 2023-24. Sì, la proposta di riforma della Super League assomiglia a un profumo inebriante, di quelli percepiti camminando per strada e in grado di far tornare a galla ricordi che sembravano perduti. Di colpo la mente corre alla vecchia Lega Nazionale A, ripensata negli anni Ottanta proprio dal nostro interlocutore. Già presidente dell’ASF e della Lega. Ma soprattutto padre della «formula Rumo», che si tradusse con l’introduzione della celeberrima «riga» ai vertici del calcio svizzero.

«Ora ci si risiamo. Perché i problemi d’allora, in fondo, non si discostano molto da quelli attuali» commenta l’avvocato neocastellano, classe 1944. Con il passaggio da 10 a 12 squadre, il comitato della Swiss Football League cerca infatti di rendere più avvincente un torneo che - in tempi recenti - ha conosciuto il suo destino con tanti, troppi turni d’anticipo. «Senza additivi particolari, il massimo campionato elvetico è sovente ostaggio di una o due formazioni forti e - agli antipodi - di un club debole. La probabilità che le restanti compagini finiscano nel ventre molle della classifica è molto elevata. E la principale conseguenza, per i diretti interessati, è costituita da un periodo prolungato di partite senza appeal. Di qui la necessità di riflettere su un formato che presti attenzione a tutti gli attori in gioco. Un formato che inevitabilmente dovrà essere fuori dagli schemi».

I buoni e i cattivi

Nel 1987, dicevamo, la scossa fu data dalla linea che separava i migliori (otto squadre) dai peggiori (quattro). Buoni e cattivi, con i primi a giocarsi il girone per il titolo e i secondi a battagliare con le candidate alla promozione della LNB. Per il futuro - e figuriamoci - ci si aggrappa invece all’inglese. E con lo strumento dei playoff si inseguono nuove dinamiche sportive, per l’appunto più incerte e spettacolari. Fino all’ultimo, quando la decima classificata potrebbe scippare un biglietto per l’Europa alla terza. Mentre - punto decisamente più controverso - la capolista correrebbe il rischio di farsi sfilare il titolo dalla seconda forza del torneo. Boom.

«Chi voterà, non a caso, deve prestare molta attenzione». Edmond Isoz non ha mai amato i giri di parole. Né da dirigente, men che meno ora, da osservatore esterno appassionato. La proposta sul tavolo, all’ex numero uno della Swiss Football League, crea qualche prurito in più. Proprio lui, che nel 2002 mandò in letargo la creatura di Rumo. Trovandole una nuova denominazione e - soprattutto - portando le squadre del massimo campionato da 12 a 10. Già, l’esatto contrario di quanto viene auspicato ora dal comitato della SFL. La Svizzera del pallone, nel frattempo, è in subbuglio. Tra convinti sostenitori del coraggioso cambiamento, indecisi e ferventi contrari.Da un lato il concetto di suspense e drammaticità, ritenuto vitale per mantenere attrattiva la Super. Dall’altra lo scetticismo - più o meno forte - per un modello che rischia di stravolgere il concetto di giustizia sportiva. Mettendo tutto in discussione. Isoz, su questo terreno instabile, è a sua volta combattuto. Parla sia di un’evoluzione necessaria, sia di grossi pericoli.

Tredici elette e il... Bellinzona

«Quando passamo a dieci squadre, nel 2002-03, la situazione era molto differente» premette. «Penso solo agli stadi, ai budget destinati alla formazione o alle prime squadre femminili. Sul piano finanziario, all’epoca, chi veniva retrocesso in Challenge non andava incontro a clamorosi stravolgimenti societari. Insomma, restare in vita non era un problema insormontabile. Ebbene, nell’ultimo decennio le cose sono mutate radicalmente. Una retrocessione nella lega cadetta può benissimo portare al fallimento del club. E al proposito mi viene in mente il caso del San Gallo, salvato unicamente dai milioni messi a disposizione da nuovi investitori».

A fronte di questa fragilità di fondo, Isoz non ha quindi dubbi. «Per fare e pianificare calcio servono soldi e, dunque, maggiori margini di manovra. O, se preferite, meno pressione all’inizio della stagione». Dopo lo tsunami rappresentato dalla pandemia, comunque, le prospettive non sono terribili. Sentite sempre Isoz: «Paradossalmente - e grazie altresì alle proprietà straniere - mai come in questa stagione i club di Super League presentano dei conti solidi. Per dire: il Losanna ultimo dispone di un budget doppio rispetto alla prima di Challenge League. L’unico modo per offrire maggiore agio sul piano della pianificazione societaria, dunque, è fare spazio a 12 o 14 formazioni». E cioè, secondo Isoz, il numero di squadre oggi in grado di agire a livello professionistico. «Questa dimensione fu resa possibile dall’avvento della formula Rumo e delle 36 gare per stagione. Basti pensare che negli ultimi 35 anni, le squadre che hanno disputato più della metà delle stagioni nel massimo campionato si sono fermate a quota tredici: le dieci dell’attuale Super, oltre a Xamax, Aarau e Thun. Dopodiché, la società che ha militato per più tempo ai vertici - e parlo di sei campionati - è il Bellinzona».

Per essere più attrattivi servono formati fuori dagli schemi
Freddy Rumo, ideatore dell'omonima formula

L’hockey e i suoi playoff

Fin qui, ad ogni modo, la riforma in discussione non sembra fare una grinza. Cosa non piace, invece, a Edmond Isoz? «Scendere sotto le 36 partite è tutto fuorché una buona idea. Ritorneremmo all’epoca pre-Rumo. A infastidirmi, poi, è il paragone con il campionato austriaco. Un Paese totalmente diverso dalla Svizzera: in termini geografici - con una sola grande città, Vienna, e grandi distanze - e per tradizione calcistica. Più della metà della massima lega, per dire, registra all’incirca 3.500 spettatori di media. Quella svizzera è attorno alle 10.000 unità. Occhio agli autogol, insomma». La perplessità di Isoz, però, non si esaurisce qui. E, anzi, si fa decisamente più marcata a fronte della prospettata divisione della classifica dopo 22 turni. «Onestamente, se io fossi lo sponsor di una squadra che ha chiuso sotto la linea, rivedrei i miei impegni contrattuali. No, non sarei disposto a finanziare il 100% delle cifre pattuite. È infatti probabile che gli scontri contro le migliori - YB, Basilea, Zurigo, eccetera - verrebbero a cadere. Con tutti i risvolti negativi del caso, anche per le televisioni e i tifosi, sul piano della visibilità e dell’interesse. Questo problema esisteva anche ai tempi della formula Rumo. E purtroppo in pochi lo stanno evidenziando».

Chiamato indirettamente in causa, Freddy Rumo ribatte colpo su colpo. «La direzione è buona. E ad assistermi, per certi versi, è la storia. Quando iniziai a elaborare la mia formula, l’hockey su ghiaccio non aveva ancora adottato il sistema dei playoff. L’ispirazione nacque proprio in quegli anni e il successo non tardò a manifestarsi. Le valutazioni degli sponsor? Su questo tema si avanzano più che altro ipotesi. Io, invece, preferisco basarmi sui fatti. E quindi ribadisco la bontà del modello hockeistico. Una disciplina che non mi pare aver conosciuto problemi di questo tipo. O se del caso, in misura molto ridotta».

Chi voterà la riforma deve fare attenzione. Cambiare è necessario, ma per favore: non si paragoni la Svizzera all'Austria
Edmond Isoz, ex direttore Swiss Football League

E la giustizia sportiva?

Altro giro, altri timori. A esporsi è di nuovo Isoz: «È facile prevedere cosa accadrà attorno alla riga che separa le prime dalle seconde sei. Per non finire il primo gironcino sotto la temutissima riga, le società tenderanno ad assumere più rischi finanziari. Non solo: credo che saranno disposte solo fino a un certo punto a scommettere sui giovani». Detto che l’apparente immobilismo sulla Challenge League non sta favorendo le discussioni, come uscirne, dunque? «Non nego - prosegue Isoz - che serva lavorare sul finale della stagione, per cercare di ravvivare un torneo altrimenti scontato. A mio avviso, però, almeno l’85% del campionato dovrebbe coinvolgere tutte le dodici squadre. E ciò, per l’appunto, per scongiurare i pericoli menzionati poco fa in caso di una prima e una seconda classe. A giustificare la riforma, d’altronde, non è tanto la componente sportiva. Credo infatti che per la regolarità del campionato, non esista soluzione migliore di quella con dieci formazioni al via». Già, lo spauracchio dell’ingiustizia sportiva è stato denunciato senza mezzi termini dal presidente (di parte) dello Zurigo Ancillo Canepa. «Ma perché ragionare sempre e solo in negativo?» replica Rumo: «Se dovesse ritrovarsi nella situazione odierna, con il formato rinnovato, il club potrebbe benissimo confermare la sua leadership anche nella finale dei playoff. E poi non trovo sensato sovrapporre la stagione in corso a quelle future. Le regole, dal 2024, sarebbero uguali per tutti. E il contatore, se vogliamo, azzerato. Toccherebbe dunque a dirigenze e staff tecnici adattare le rispettive strategie». Consapevoli che solo la formula Rumo non passa mai di moda.

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