Le reazioni

L'orgoglio, la fierezza e la storia infinita

Castione, le moderne Officine FFS sono un progetto che proietterà il Ticino in una nuova dimensione - Grazie alle Ferrovie, certo, e all'unità di intenti della politica, ma soprattutto agli operai che evitarono la chiusura del sito cittadino
Il CEO delle FFS Vincent Ducrot (a sinistra) con il Consiglio di Stato in corpore e i sindaci di Arbedo-Castione e Bellinzona. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
05.09.2025 15:05

«Gioia», «fierezza» e «futuro». Sono le tre parole più pronunciate, oggi, in occasione della simbolica cerimonia di avvio dei lavori per la realizzazione delle Officine FFS di Castione. Alle 11.07 si è scritta una pagina importante di una storia - come abbiamo ricordato sull’edizione di giovedì - iniziata con lo sciopero degli operai del 2008. E che si concluderà nel luglio 2028 quando verrà inaugurato il moderno stabilimento industriale da almeno 755 milioni di franchi. Darà lavoro a 360 collaboratori e ad un’ottantina di apprendisti.

Un investimento senza precedenti per le Ferrovie a Sud delle Alpi, che riempie di orgoglio la direzione dell’azienda e le autorità comunali, regionali e cantonali. Proiettando il Ticino in una nuova dimensione, quella dell’innovazione, auspicata dal Consiglio di Stato presente in corpore al significativo momento come non accadeva proprio dalla mobilitazione delle maestranze.

Dalla galleria ai binari

Il 5 settembre 1980 transitava la prima automobile nella galleria autostradale del San Gottardo. Ben 45 anni dopo, lo stesso giorno, si sono gettate le fondamenta dell’Officina 2.0 che si occuperà prevalentemente della manutenzione leggera e pesante degli elettrotreni (Giruno, ETR e Flirt TiLo) con un aumento delle attività elettromeccaniche e con un alto grado di digitalizzazione. Il sito produttivo occuperà una superficie di 40 mila metri quadrati (su un’area complessiva di 150 mila). Come otto campi da calcio, insomma. Il primo a prendere la parola, noblesse oblige, è stato il padrone di casa, il sindaco di Arbedo-Castione Luigi Decarli.

Quelle frecciatine

Nel suo discorso non ha risparmiato alcune frecciatine all’indirizzo dell’ex regia federale, seppur senza nominarla, per la lunghezza delle trattative per definire la chiave di riparto in merito agli interventi infrastrutturali indispensabili per accogliere l’impianto. Alla fine per le opere accessorie il Comune pagherà poco più di 55 mila franchi. «Non è stato facile trovare il punto di equilibrio fra interessi locali e visioni nazionali. Se è vero che i treni non aspettano, è altrettanto vero che le comunità non devono essere travolte. Sono pertanto soddisfatto che si sia giunti ad una soluzione di compromesso che ci consente, come ente locale, di guardare al futuro con ottimismo», ha affermato Luigi Decarli.

Oggigiorno serve un’etica della costruzione, ha aggiunto, affinché «da zona paludosa com’era quest’area si trasformi in un tassello fondamentale del tessuto economico cantonale. Arbedo-Castione ha saputo reinventarsi più volte e lo farà pure in questa occasione. Nei progetti infrastrutturali serve la collaborazione istituzionale, ci deve essere ascolto reciproco. È questo uno degli insegnamenti da trarre».

La svolta con l'ex CEO

Da un sindaco all’altro. Quello di Bellinzona, Mario Branda, ha ricordato il legame indissolubile fra la Turrita e la ferrovia. L’Officina ad un tiro di schioppo dal centro storico, realizzata nel 1889, ha cambiato radicalmente l’intera regione dal punto di vista socioeconomico. «Oggi deve essere un giorno di festa. È stata un’epopea, ma finalmente ci siamo. Molte le persone da ringraziare. Penso in particolare all’ex CEO delle FFS Andreas Meyer, il quale a fine 2016 ventilò la possibilità di costruire un nuovo stabilimento. È stata la svolta», ha rilevato il primus inter pares della capitale.

Che ha poi rammentato l’agitazione delle maestranze, fondamentale per evitare che le Officine venissero de facto chiuse, e la perseveranza della direzione delle Ferrovie che «ha saputo prendere il toro per le corna». E la politica? Ha avuto un ruolo positivo, ha precisato Mario Branda, in quanto unita a più livelli per raggiungere un obiettivo comune: «Dimostrando capacità di ascolto e di incontro tutt’altro che scontate. Lasciatemelo dire, quindi: evviva le nuove Officine!».

Grande orgoglio

Il presidente del Governo Norman Gobbi non poteva non aprire il suo discorso rimarcando la presenza di tutti i consiglieri di Stato: «È significativo di quello che sta accadendo. Si tratta del più grande progetto che il Ticino ha creato nel XXI secolo. È qualcosa di eccezionale, la dimostrazione che quando ci sono dialogo, compromesso e la volontà di progredire assieme si può arrivare ovunque. Grazie dunque a chi ha intuito che le Officine meritassero la reincarnazione, in primis i miei colleghi Claudio Zali e Christian Vitta».

Procedure bizantine, ma necessarie

Ci sono voluti oltre tre lustri per arrivare alla posa della prima pietra. Anni, gli ultimi, contraddistinti da alcuni ricorsi che hanno ritardato l’avvio dei lavori veri e propri. A questo proposito il direttore del Dipartimento delle istituzioni, in riferimento ai principi democratici, ha sottolineato che «in Ticino ci lamentiamo spesso di quanto sia complicato costruire qualcosa. Lo sappiamo, le procedure in Svizzera sono a volte bizantine, con le loro ridondanze e i tempi lunghi. Eppure, ognuno di noi, nel profondo del proprio cuore, sente che è giusto così».

Quello del sito produttivo è un «progetto orientato al futuro, visionario ma proporzionato. In parole povere è il progetto giusto per il Ticino». Un cantone, il nostro, la cui storia è stata scritta (pure) sui binari. E pare infinita. «Oggi entriamo in una nuova fase. Solo il tempo ci dirà a quale progresso abbiamo aperto la strada. Ma da ora quello che conta è esclusivamente il domani».

Quel legame indissolubile

Un progresso che sarà possibile grazie alle Ferrovie, che a Sud delle Alpi negli ultimi anni hanno investito molto creando posti di lavoro qualificati. In totale l’ex regia impiega 2.200 collaboratori. Per il CEO Vincent Ducrot quello assunto con l’Officina che verrà è «un impegno importante. Sarà un impianto estremamente moderno. Certo, quando i costi sono esplosi (passando da 360 a 580 ed infine a 755 milioni; n.d.r.) ci siamo chiesti se davvero ce l’avremmo fatta a concretizzare il progetto. Non abbiamo avuto dubbi perché il Ticino è fondamentale per le FFS. Con Cargo vi sono alcuni problemi, non lo nego, ma il resto funziona».

E ora il calcestruzzo

Le gallerie di base del San Gottardo e del Monte Ceneri. Ora il sito industriale di Castione. Nel 2026 entrerà in esercizio la nuova centrale idroelettrica del Ritom da 350 milioni, la più grande opera di questo genere in Svizzera. «Siamo fieri di quello che stiamo facendo. E non scordiamoci che la storia la scrivono sempre le donne e gli uomini», ha concluso Ducrot. Dopo la festa è tempo di tornare a pensare al cantiere. Nei prossimi mesi ci saranno i primi getti di calcestruzzo. Il collaudo dello stabile è previsto nel giugno 2028; parallelamente inizierà il trasferimento dalle attuali Officine. La storia continua, è proprio vero.

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