Sciopero, ricorsi e costi record: ecco i 17 anni più intensi del Ticino

Ci siamo, finalmente. Dopo oltre 17 anni dallo sciopero degli operai delle Officine FFS di Bellinzona - che aprì il dibattito sul destino del sito produttivo - domani (venerdì 5 settembre) verrà posata la prima pietra del futuro stabilimento previsto a Castione. Un momento più che altro simbolico, sia chiaro, ma dal forte significato perché Ferrovie, Consiglio di Stato e Città di Bellinzona sanno che - ancor più di prima - avranno gli occhi della Svizzera italiana addosso.
Difesa a spada tratta
Hanno voluto e difeso a spada tratta quell’ubicazione, nonostante una raffica di ricorsi, preferendola all’ex Monteforno di Giornico che a livello pianificatorio presenta(va) un’area già attrezzata. È l’occasione, dunque, per ripercorrere a grandi linee l’intricato e complesso iter che sfocerà nel luglio 2028 nell’inaugurazione dell’impianto industriale «più moderno e performante d’Europa», per citare le oramai famosissime parole dell’ex CEO dell’azienda Andreas Meyer.
Da un manager all'altro
Alla festosa cerimonia il manager confederato (in prima fila, durante la mobilitazione del 2008, sempre sorridente tranne quella volta a Biasca...) non ci sarà. Toccherà al suo successore Vincent Ducrot, al presidente del Governo Norman Gobbi e ai sindaci di Arbedo-Castione (Luigi Decarli) e Bellinzona (Mario Branda) armarsi di casco e badile e dare il là al cantiere per l’edificazione del complesso in cui lavoreranno 360 collaboratori e ad un’ottantina di apprendisti.
Riavvolgere il nastro significa, per forza, partire dallo sciopero delle maestranze. Iniziato il 7 marzo e conclusosi l’8 aprile, con la riapertura dei cancelli la mattina seguente. Da «Giù le mani dalle Officine» a «L’Officina vivrà». Nei 31 giorni trascorsi in «Pittureria» il battagliero comitato con alla testa l’indomito Gianni Frizzo partorì l’iniziativa popolare per la creazione del polo tecnologico-industriale. Una soluzione, si credeva, per assicurare un futuro al sito della capitale.
Ci volle un urano per dialogare
Parallelamente, per uscire dall’impasse, si tiene la Tavola rotonda fra le parti moderata dall’ex consigliere nazionale urano Franz Steinegger. Nel 2010 uno studio della SUPSI conferma le buone potenzialità dello stabilimento industriale. L’iniziativa viene dunque «congelata» e ci si concentra sul prospettato Centro di competenza in materia di mobilità sostenibile e ferroviaria, la variante scelta dal Governo per evitare il declino programmato. Nel 2012 entra in carica il nuovo direttore Felix Hauri (rimarrà al timone per sette anni); si attende la svolta per uscire dalle cifre rosse.
Nei mesi seguenti c’è la presentazione di un altro studio, quello della società BDO di Lugano allora diretta dal futuro consigliere di Stato Christian Vitta. Il 12 novembre 2013 (giorno in cui entra in carica l’attuale direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali) viene sottoscritta la convenzione per il Centro.
L’iniziativa bocciata alle urne
Seguono anni di faccia a faccia tesi, con gli operai che accusano le FFS di non rispettare gli accordi. Interviene il Governo. A fine 2015 inizia l’attività del Centro di competenza e pochi mesi dopo viene riattivata l’iniziativa: si chiede che ad esprimersi sia la popolazione. Ciò che avverrà il 19 maggio 2019, con il secco no (65,3%) dei ticinesi alla proposta di Frizzo e colleghi.
Si scrive la storia
L’11 dicembre 2017 si scrive la storia. Bellinzona è sotto una coltre di neve da record. Nelle strade regna il caos, mentre nell’aula del Gran Consiglio viene firmata la «Dichiarazione d’intenti» per le Officine 2.0. Allora si parlava di un investimento di 360 milioni e di 200-230 impieghi nonché del taglio del nastro nel 2026. In otto anni scarsi i costi sono più che raddoppiati, salendo dapprima a 580 e poi a 755 milioni. Ma la cifra - ci risulta - dovrebbe aumentare ulteriormente in virtù dei ritardi accumulati, soprattutto a seguito del ricorso sul maxi appalto proprio per l’edificio principale. Anche gli impieghi sono via via cresciuti: da 200-230 ad almeno 300 ed ora 360.
Il treno è partito
La scelta su Castione cade nel 2018. Inutili i tentativi dei Comuni bassoleventinesi, che avrebbero preferito l’ex Monteforno, di far cambiare idea alle Ferrovie. L’anno seguente il Gran Consiglio (100 milioni) ed il Legislativo di Bellinzona (20) votano i crediti per l’innovativo impianto. Non si torna più indietro. Il treno è partito (i lavori preliminari sono cominciati il 2 marzo 2023) ed è vicinissimo alla destinazione auspicata quasi da tutti.
Frauenfeld ed altri appalti
Detto che la maggioranza degli appalti sono andati ad imprese ticinesi (anche se non sono mancate scelte fuori dai confini nazionali, segnalate dal Corriere del Ticino il 18 aprile ed il 12 giugno scorsi, come ad esempio la Spagna, la Germania e l’Italia), vi sono delle commesse che devono ancora essere aggiudicate. Lo si evince dal portale Simap.
Ecco dunque il bando per l’impianto di distribuzione multitensione, per i lavori specialistici nell’ambito delle opere di elettromeccanica e per le strutture del capannone. L’ultimo appalto, finora, se lo è accaparrato una ditta di Frauenfeld: 5,2 milioni di franchi per il sistema di corrente.