Il punto

I repubblicani spingono per bandire del tutto TikTok

Da una parte i paragoni con i palloni-spia, dall'altra un disegno di legge per dare pieni poteri a Biden in ottica divieto: ma la «sindrome cinese» riguarda anche le proprietà immobiliari e, in generale, la presenza di imprese e cittadini del Dragone in America
© Sean Kilpatrick
Marcello Pelizzari
04.03.2023 20:30

Vietare TikTok. Ovunque, quantomeno negli Stati Uniti. Della serie: no, rimuovere l’app dai dispositivi dei dipendenti governativi non è abbastanza. Eccola, la sfida che intendono raccogliere i repubblicani a Washington. La piattaforma social made in Pechino? «È come avere un palloncino-spia cinese nel telefono» affermano in coro.

Che l’app di ByteDance, negli ultimi tempi, non sia così popolare fra i legislatori statunitensi (e non solo) è assodato. Oltre all’America, anche Canada e Unione Europea hanno limitato l’uso dell’app a livello di funzionari pubblici. Ma la maggioranza repubblicana alla Camera, ora, vuole andare oltre: cancellando il social da 100 milioni di smartphone a stelle e strisce.

Le mosse repubblicane

Questa settimana, al riguardo, il Foreign Intelligence Committee ha approvato un disegno di legge che conferisce al presidente Joe Biden il potere di vietare TikTok. Disegno che, tuttavia, deve ancora affrontare non pochi ostacoli. L’obiettivo, evidentemente, è contrastare l’influenza della Cina. Ed evitare, di riflesso, che dati sensibili finiscano nelle mani sbagliate. «TikTok è una minaccia alla sicurezza nazionale, è ora di agire» ha dichiarato questa settimana Michael McCaul, il presidente repubblicano del Comitato che ha sponsorizzato il disegno di legge. «Chiunque abbia TikTok scaricato sul proprio dispositivo ha fornito al Partito Comunista cinese una backdoor per tutte le proprie informazioni personali. È un pallone-spia nel proprio telefono».

La preoccupazione, insomma, è che Pechino utilizzi l’app per rintracciare o spiare americani. O, ancora, che spinga l’algoritmo a promuovere la narrazione cinese. Dubbi, questi, espressi anche dall’esperto Alessandro Trivilini, da noi contattato.

L’azienda, per ora, ha negato ogni accusa. Ammettendo, però, di aver avuto non pochi problemi legati alla gestione dei dati. Diversi dipendenti, secondo l’amministratore delegato di ByteDance, Shou Zi Chew, «hanno abusato della loro autorità per ottenere l’accesso ai dati degli utenti di TikTok».

I timori dell'FBI

Tra i critici più rumorosi dell’app c’è Christopher Wray, il direttore dell’FBI balzato agli onori della cronaca anche per le sue posizioni circa le origini del coronavirus, secondo cui TikTok potrebbe rappresentare una minaccia senza precedenti per la sicurezza degli Stati Uniti. Le preoccupazioni del Bureau includono, Wray dixit, «la possibilità che il governo cinese possa usare TikTok per controllare la raccolta di dati su milioni di utenti, o controllare l’algoritmo di raccomandazione, che potrebbe essere utilizzato per influenzare le operazioni se lo desidera. O per controllare il software su milioni di dispositivi, che dà è l’opportunità di compromettere tecnicamente i dispositivi personali».

I sospetti su Pechino sono aumentati a dismisura dopo che un pallone-spia cinese ha sorvolato lo spazio aereo nordamericano prima di venire abbattuto dalle forze aeree statunitensi sull’Atlantico. Proprio l’analogia fra i palloni e l’app è, oramai, un leitmotiv fra i repubblicani: «Avere TikTok sui nostri telefoni è come avere 80 milioni di palloncini-spia cinesi che sorvolano l’America», ha twittato il rappresentante della California Darrell Issa, che ha chiesto un divieto a livello nazionale per, citiamo, «proteggere l’America dai cinesi».

Analogamente, i repubblicani spingono affinché le relazioni con Pechino cambino. O, meglio, siano più dure. Più facile a dirsi che a farsi, sembrerebbe. Ancora Issa: «Il lavoro, essenziale, di reindirizzare il nostro rapporto con una Cina sempre più ostile è reso ancora più difficile dall’ampia influenza, sorveglianza e persino dallo spionaggio che il Partito Comunista ha dispiegato con successo in questo Paese». Di nuovo, secondo il rappresentante repubblicano «le nostre università, il settore tecnologico, la base industriale e persino i media devono ora accettare la visione lungimirante e la chiara realtà che la Cina è un’entità ostile ed è nel nostro interesse nazionale reimpostare le nostre relazioni».

La Cina dà fastidio anche offline

Il problema, leggiamo, non è legato solo a un’app, TikTok nello specifico. Riguarda proprio la presenza di imprese e cittadini cinesi negli Stati Uniti: Florida, Arkansas, South Dakota e altri otto Stati, riferiscono i media, stanno valutando una legislazione che limiti la proprietà straniera di terreni agricoli e altri beni immobili. Proprio per limitare la presenza di Pechino. Secondo la National Association of Realtors, gli investimenti cinesi hanno rappresentato fino al 6% degli acquisti residenziali stranieri negli Stati Uniti. Mica poco. A tal proposito, il governatore del Texas Gregg Abbott ha dichiarato che firmerà una bozza di proposta per vietare ai cittadini cinesi di acquistare proprietà per motivi di sicurezza nazionale.

Vietare TikTok, dunque. Ma anche limitare la presenza cinese tout court negli Stati Uniti. Agli occhi dei repubblicani, è l’unica possibilità per salvare l’America.

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