L'editoriale

Sbranarsi a vicenda con il lupo sullo sfondo

L'inedita coppia Marchesi-Dadò chiede di togliere a Zali il dossier del grande predatore – Intanto il Mattino si comporta da giornale dell'UDC
Gianni Righinetti
22.07.2025 06:00

Nel cantone delle candide e talvolta finte pecorelle (o verginelle politiche) si è decisamente cambiato passo. A tenere banco sono ormai i morsi tra lupi dalle sembianze umane, ad immagine della locuzione latina «homo homini lupus». Diversamente da quanto avviene in natura non vediamo innocenti e indifesi quadrupedi dal soffice pelo bianco braccati e predati da canidi con la bava alla bocca, non c’è il forte che mangia il debole, ma ci troviamo di fronte a uno sbranamento collettivo, senza esclusione di morsi con canini appuntiti, tipici appunto dei lupi. Lupi della politica ticinese. Sullo sfondo c’è l’annosa e controversa questione del lupo, quello vero che, ahinoi, per eccessiva tolleranza umana, ha preso pericolosamente piede e per ostinazione e miopia (sempre da parte della specie bipede), rischia di diventare fuori controllo.

La discussione è tra lupo libero, impallinato o «controllato». Con quest’ultimo livello che è di compromesso solo sulla carta: si avvicina parecchio al senso della tolleranza largheggiante. Gli allevatori sono imbufaliti, l’esasperazione li ha portati a scaricare davanti alla sede del Governo carcasse di pecore sbranate. Ma di chi è la «colpa» di tutto questo? Certamente non del lupo stesso, che agisce secondo istinto naturale, finanche primordiale. Tocca all’uomo, dotato d’intelletto, trovare le contromisure.

A mente dell’inedita coppia politica formata dal presidente dell’UDC Piero Marchesi e da quello del Centro Fiorenzo Dadò, la responsabilità della malagestione del lupo è del direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, al punto che i due presidenti esortano il Governo a revocargli la gestione del lupo. Altro che arrocco concordato, questa sarebbe una vera a propria bocciatura mirata. Marchesi e Dadò ci sono andati giù pesanti e Zali ha risposto per le rime. È il gioco politico che conosciamo, ma ora si è fatto davvero opprimente. Non è più un fare gagliardo, scanzonato e determinato. Nella gazzarra si è gettata pure la Lega in difesa del proprio consigliere di Stato. Una Lega 3.0 molto diversa da quella degli albori del Nano alla quale, a parole, dice di ispirarsi nel nuovo corso. Impacciata e sulla difensiva e con una linea di condotta che sta diventando un marchio di fabbrica: fare sempre e comunque il Calimero della situazione.

Lega nel più profondo imbarazzo dopo che a sparare, dal Mattino della domenica, è stata la penna di punta. Lorenzo Quadri è andato dritto al punto: abbattere il lupo, con ogni mezzo, sollecitando a un «deciso cambio di passo» il direttore Zali. Screditato ad alzo zero e politicamente sfiduciato. Povero Zali, dalle stelle (sostenuto per l’arrocco) alle stalle (abbattuto per il lupo). Va bene, ci dicono e ci ripetono che «il Mattino non è il giornale della Lega» e noi non ci abbiamo creduto. Ora però ci tocca ricrederci: il Mattino è diventato il giornale dell’UDC dato che dice esattamente quello che sostiene Marchesi supportato per l’occasione da Dadò. C’è poco da raccontare balle, sostenendo che Quadri e il suo giornale hanno sempre avuto quella posizione sul lupo. Non l’hanno di sicuro mai avuta in quei termini sul proprio consigliere di Stato.

E dire che «la soluzione» per il lupo era sul tavolo con l’arrocco puro e duro, assegnando l’intero Territorio a Norman Gobbi. Ma non è dato a sapere se nell’ipotesi del compromesso del caos avallato dal collegio governativo, la questione puntuale sia stata discussa o meno. Quello che appare chiaro e lampante non è tanto il fatto che Zali ha più nemici che amici nel mondo delle stanze dei bottoni dei partiti, evidenza ancora priva di una diretta influenza sulla sua forza elettorale. Semmai, dato che il potenziale fronte di destra Lega-UDC, alla luce delle tensioni che hanno raggiunto e si apprestano a superare il livello di guardia, i fatti portano a una sola conclusione, sarebbe il caso di dirlo senza mezzi termini. Lega e UDC non potranno correre assieme alle elezioni cantonali, sarebbe ormai una farsa e una buffonata. Già lo sarebbe se solo prossimamente venisse convocato un tavolo per avviare una discussione. I due partiti viaggiano su binari paralleli, lo scontro è totale e tutto ha preso il via nel faccia a faccia Zali-Marchesi dello scorso aprile a La domenica del Corriere. In quell’occasione il consigliere di Stato aveva voluto fare il «coup de théâtre» presentandosi all’ultimo minuto al posto dell’annunciato Boris Bignasca (sotto la regia di Daniele Piccaluga) per strappare definitivamente con l’UDC. In questo senso Zali l’obiettivo lo ha raggiunto, mentre a Marchesi ha fatto difetto la determinazione di dire «allora basta». Forse perché Zali è concentrato sulle cantonali e sulla sua carriera politica, mentre Marchesi, da presidente di partito, deve restare vigile e guardare oltre l’aprile del 2027. Intanto restiamo ad osservare i protagonisti sbranarsi a vicenda, con il lupo sullo sfondo, ma senza soluzioni efficaci per chi di lupo davvero soffre. 

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