Detto tra noi

Festa del papà e un ruolo da rivalutare

Una riflessione sulle peculiarità del ruolo paterno e sulla sua scemata considerazione
Mauro Rossi
17.03.2023 06:00

È una delle ricorrenze che sta cadendo in disuso la Festa del Papà, che il nostro calendario fissa per il 19 marzo in ricordo di San Giuseppe, colui che crebbe Gesù pur non essendone il genitore biologico (cosa che più volte, stando ai Vangeli, lo stesso Pargolo gli rammentò senza troppi preamboli...). Un lento declino testimoniato dal fatto che ormai neanche più la pubblicità le dedica l’attenzione di un tempo, determinato probabilmente dall’evidenza che il ruolo paterno sta perdendo sempre più quota dopo il – giusto – tramonto di quel regime patriarcale sul quale la famiglia occidentale e la stessa struttura sociale si è retta per millenni sfociato nell’odioso ritratto del padre-padrone, e il – meno giusto, a mio personale avviso – tentativo di ridurre questa figura su un piano identico a quello della madre, in nome di quella parità di genere e di ruoli (sintetizzata da quell’assurda forzatura che sfocia nella definizione di «genitore 1» e «genitore 2») che si cerca di far passare come naturale ma che in realtà naturale non è. Per il semplice fatto che uomo e donna sono diversi, così come è differente il loro ruolo e il loro approccio nei confronti della prole, non fosse altro per il fatto che la donna i figli li genera direttamente stabilendo con loro un legame indissolubile e molto più viscerale rispetto a quello del padre. Ed è proprio in virtù di questa differenza che, a mio avviso, il ruolo del padre, invece del declassamento che sta subendo, meriterebbe una rivalutazione. Il non possedere quel legame carnale, diretto, con la nuova vita alla cui creazione ha contribuito in modo decisamente marginale e molto più piacevole rispetto alla donna, fa infatti del suo attaccamento ai figli un qualcosa di speciale, una scelta d’amore più «responsabile» di quella «naturale» delle madri. Il «Mater semper certa est, pater nunquam» ricordato non senza un pizzico di malizia, dai latini in merito alla genitorialità, fa infatti dei «pater» (soprattutto quelli di oggi, molto più attenti e sensibili alle dinamiche all’interno del nucleo familiare, rispetto ad un passato anche recente) un qualcosa che merita più considerazione di quella che la nostra società tende a riconoscergli. Soprattutto perché i loro sforzi, i loro inevitabili sbagli ed errori, la talvolta mancanza di precisi e ideali punti di riferimento in una contesto sociale in continuo ribaltamento, la responsabilità che si assumono nel fare da guida alle figure che a loro si affidano è un qualcosa che nessuno è in grado di insegnare loro: non c’è infatti alcuna scuola che ti prepari ad essere padre, è un qualcosa che devi quotidianamente sperimentare sulla tua pelle. E che quando finalmente inizi a capire in che direzione andare, spesso è ormai tardi. Auguri, dunque, a tutti loro...

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