La testimonianza

«È stato un grande nel suo rapporto con la sconfitta»

Lo scrittore Charles Haroche ha definito Roger Federer un mito contemporaneo: «Come Ali e Jordan, ha varcato lo sport»
Massimo Solari
15.09.2022 18:45

Il paragone può apparire fuori posto. Blasfemo, anche. Eppure un filo sottile, quasi invisibile, sembra unire la morte di Elisabetta II e l’addio al tennis di Roger Federer. La regina e il re, già. Entrambi icone popolari. Entrambi al tramonto dei rispettivi percorsi, nella vita così come nello sport di punta. La gente ne era consapevole. Lo sapeva, eccome. Che l’immortalità non è prerogativa dell’essere umano, sovrano o atleta, poco importa. Incredulità e tristezza, tuttavia, hanno preso comunque il sopravvento. «È l’ineluttabilità, attesa e scioccante allo stesso tempo» conferma Charles Haroche, autore - insieme a Frédéric Vallois - di Federer, un mythe contemporain (Éditions Solar, 2021). «Ricordate cosa disse Michel Platini il giorno del suo ultimo match? “Sono morto a 32 anni, il 17 maggio 1987”. Insomma, il parallelismo regge nella misura in cui lo sport ha spesso accostato il concetto di morte a quello di fine carriera». A dispetto del calcio, osserva però lo scrittore francese, «nel tennis non è possibile conoscere la propria data di scadenza. Non si può, detto altrimenti, pianificare una sostituzione all’89’ per uscire tra gli applausi del pubblico. E il caso di Serena Williams, in fondo, è lì a dimostrarlo. È rimasta in campo tre turni agli US Open, riuscendo ancora a dare spettacolo».

Come la leggenda statunitense, Federer lascerà un vuoto. O meglio, una voragine. «L’elvetico - osserva il nostro interlocutore - ha varcato i confini dello sport. Come poche altre persone, prima di lui. Penso a Muhammad Ali o a Michael Jordan. Roger ha cambiato il tennis non solo grazie al suo stile di gioco - la somma perfetta delle gesta ammirate in precedenza e negli anni a seguire -, ma altresì tramite un atteggiamento ideale. Ammantato di fair-play, rispetto e perseveranza. Basti pensare che non ha mai abbandonato un match in carriera. Una statistica incredibile se rapportata ai suoi grandi antagonisti, Nadal e Djokovic. Federer, con la racchetta in mano, è poi stato ricerca del piacere e della perfezione».

Nel suo libro, Haroche lo ha definito un «mito contemporaneo». Perché? «Perché Roger non è solo il dominio tra il 2003 e il 2008. No, la grandezza del basilese si deve anche e forse soprattutto al suo rapporto con la sconfitta. Federer ne ha conosciute diverse, dolorosissime. Ma non le ha mai contemplate come un’opzione; men che meno come un punto finale. Al contrario, ha sempre accettato la sfida del ritorno. Per una decina di volte è stato dato per finito, ogni volta si è battuto per riemergere». Non questa volta, però. E ciò nonostante i messaggi di speranza trasmessi più o meno regolarmente ai suoi tifosi nell’ultimo anno. «Se Roger è diventato un eroe moderno è altresì per la sua umanità» sottolinea Haroche. «La tristezza che ci pervade in questo momento è dovuta anche a quest’aspetto. Sognavamo un epilogo perfetto, come al cinema, come fu il caso per Pete Sampras o - in parte - Zinedine Zidane. Insomma, salutare tutti con un trionfo o un’ultima sconfitta su un palcoscenico prestigioso. A spingere Federer a smettere non sono invece state le performance. È stato il suo corpo. Alimentando, di riflesso, la nostalgia negli amanti del tennis».

Il libro si sta per chiudere. Per davvero. Anche se l’inchiostro, oramai, era finito da mesi. E ora? «La natura ha spezzato definitivamente il legame e allo stesso la storica rivalità che rendevano Federer, Nadal e Djokovic una sorta di tutt’uno» afferma Haroche. «Per il tennis - prosegue - si è trattato di un triunvirato fondamentale. L’avvento di Carlos Alcaraz, però, assomiglia a un segno del destino. Una coincidenza clamorosa. Come Federer ha colmato il vuoto lasciato da Sampras, Alcaraz può essere la sintesi perfetta di Roger (per la sua creatività), Rafa (per la sua combattività) e Nole (per la sua corsa ed estensione). Un segno inequivocabile dell’impronta ed eredità lasciate al tennis dal Maestro rossocrociato»:

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