9 novembre 1989: cade il Muro di Berlino e il mondo non è più lo stesso

Forse, l'immagine più caratteristica di Berlino est negli ultimi giorni del Muro la dà un falegname che vive in città: i berlinesi passano le serate a contare le candele, racconta. Chi protesta contro il regime mette una candela alla finestra e le fiammelle si fanno sempre più numerose. La situazione diventa ogni giorno più critica. Si dimette Willy Stoph, capo del governo; nelle ore della caduta del Muro il governo tedesco orientale è in carica solo per gli affari correnti.
Egon Krenz è appena salito al vertice dello Stato, dopo la partenza di Honecker: è il suo momento della verità. Propone nuove regole per viaggiare all’estero legalmente, senza fughe rocambolesche. Afferma che così i cittadini possono espatriare senza limitazioni, ma non è vero: devono ancora chiedere il visto d’uscita e la permanenza all’estero è limitata a 30 giorni l’anno. Le proteste continuano.
Si riunisce il Comitato centrale del Partito
L'8 novembre si riunisce il Comitato centrale della SED, il partito che tutto decide. All’ordine del giorno vi sono l’economia, l’approvvigionamento dei negozi e molto altro; la proposta di Krenz sui viaggi non aveva calmato la popolazione, ne serve una nuova. Il Ministero dell’interno riceve l’incarico di scrivere una bozza di legge che rimuova i limiti all’espatrio: per uscire, però, i cittadini devono ancora chiedere un permesso.
Nonostante questo cavillo, il nuovo testo è dirompente. Il funzionario che lo scrive teme le conseguenze e aggiunge una nota: l’annuncio delle nuove regole dovrà essere diffuso il giorno successivo, alla radio, alle quattro del mattino, per non scatenare reazioni imprevedibili.
Alle 15:00 del 9 novembre il governo converte la nuova proposta sui viaggi in decreto; alle 16:00 Egon Krenz ne legge il testo dinanzi al Comitato centrale, introducendolo con un commento significativo: «Qualunque cosa facciamo può avere conseguenze negative, ma questa proposta è l’unica che può evitare problemi».
Arriva Günther Schabowski, ignaro di tutto
Alle 17:30, al Comitato centrale arriva Günther Schabowski, componente incaricato delle relazioni pubbliche. Quel pomeriggio non ha partecipato ai lavori, non sa nulla, nemmeno che il nuovo decreto viaggi è stato approvato.
Alle 18:00 Schabowski deve tenere la conferenza stampa per riferire della seconda giornata di lavori del Comitato: Krenz gli spiega i punti trattati e poi gli schiaccia in mano una carta sulla quale è scritto il nuovo decreto viaggi, una pagina e mezza. Schabowski si siede in sala stampa e comincia il suo intervento dinanzi a giornalisti e telecamere.
Intanto, i funzionari governativi impartiscono ai diversi uffici le istruzioni relative alle nuove regole sui viaggi. Per uscire dal Paese i cittadini devono comunque chiedere un permesso, non c’è motivo di mettersi fretta.
La domanda fatidica dell’ultimo minuto
Alle 18:57 la conferenza stampa di Schabowski volge al termine. Un giornalista italiano di origini polacche, Riccardo Herman, chiede lumi sul nuovo decreto viaggi. In quel momento Schabowski si ricorda del foglio che Krenz gli aveva infilato in mano prima della conferenza; nei suoi appunti si legge che voleva parlarne alla fine, come di un fatto d’importanza secondaria.
Se ne sarebbe dimenticato, forse, se il giornalista non fosse intervenuto. Riguardando i filmati d’archivio, sembra che Schabowski dica tra sé: «Ah, già… la questione dei viaggi…». Così, tira fuori la carta e legge ad alta voce il nuovo decreto.
Un altro giornalista chiede: «Ma quando entrano in vigore le nuove regole?». Schabowski gira e rigira il foglio, poi dice, esitando: «Ma, per quanto ne so… entrano in vigore subito». Uno dei funzionari seduti al suo fianco gli dice, sottovoce: «Lo deciderà il governo…». Ma Schabowski ormai ha parlato. La notizia non doveva uscire solo il giorno dopo, alle quattro del mattino? Forse non sapremo mai perché, invece, esce subito. Gli storici e lo stesso Schabowski riferiscono più versioni differenti.
La notizia-bomba fa il giro del mondo
Alle 19:30 va in onda il telegiornale della Germania est: chi sente la notizia delle nuove regole sui viaggi si chiede se sia vera. Alle 20:00 l’informazione passa al telegiornale della Germania ovest e nel resto del mondo. Alle 20:30 i primi abitanti di Berlino est vanno a vedere cosa succede al Muro. Tutto chiuso. Le guardie di confine non hanno ordini e ripetono: senza permesso non si passa.
Erich Mielke, capo della temuta Staatssicherheit, il Ministero della sicurezza dello Stato (StaSi), alle nove di sera telefona a Krenz: «Sta succedendo qualcosa, non so ancora bene cosa. Vado in ufficio e cerco di capire».
Dall'altra parte del confine, intanto, c’è la Germania ovest, guidata dal cancelliere Helmut Kohl. Kohl è in Polonia, in visita ufficiale. Sapeva che a Berlino est fermentava qualcosa, anche se nessuno immaginava la dimensione degli eventi. Racconta: «Ero in riunione con i polacchi, ma avevo un solo pensiero: come faccio ad andarmene subito da qui?».
La pressione aumenta, la «valvola» non funziona
Ai cancelli del Muro la folla si accalca e chiede spiegazioni. Il governo dell’Est decide una scappatoia che chiama «soluzione-valvola»: far passare verso l’Ovest chi fa più rumore, per ridurre la pressione, marcando il passaporto di chi esce con un timbro rosso. Significa che chi passa non potrà più rientrare, ma non deve saperlo prima. Così, i berlinesi dell’Est cominciano a uscire alla spicciolata, ignari di questo pauroso inganno. Poi i cancelli si richiudono e la rabbia aumenta.
Gli eventi di quella sera nascono da un incrocio di equivoci. Krenz e Mielke pensano che i cittadini assiepati in frontiera vogliano lasciare la Germania est per sempre, come quelli che fuggivano attraverso l’Ungheria e la Cecoslovacchia; in realtà, sono cittadini senza bagaglio, moltissimi a piedi, che vogliono sperimentare le nuove regole sui viaggi facendo un giro a Berlino ovest. Non sanno che devono chiedere comunque un permesso d’uscita, perché questo particolare non è stato comunicato né dal telegiornale né da Schabowski in conferenza stampa.
Krenz è in ufficio, non sa che fare. Telefona a Mosca, vuole consultarsi con Michail Gorbačëv. A Berlino sono le dieci di sera; gli risponde il centralinista del Cremlino: «Qui a Mosca è mezzanotte, Gorbačëv è già a dormire. Devo svegliarlo?…».
Alle dieci di sera, senza vie d’uscita
Krenz ricorda quel momento così: «Se avessi detto al centralinista che eravamo alle soglie di una guerra, avrebbe svegliato Gorbačëv, ma non volevo drammatizzare». In quella frazione di secondo, al telefono, Krenz capisce che non ha vie d’uscita: la frontiera tra le due Berlino è la frontiera tra due mondi, ma chi deve decidere, in quel momento, sono i tedeschi – anzi, chi deve decidere è lui. «Dovevo scegliere: blindare la frontiera oppure lasciare che gli eventi facessero il loro corso. Blindare la frontiera avrebbe significato far uscire i carri armati. Allora lasciai che gli eventi facessero il loro corso».
Krenz ordina di far passare di là del Muro tutti coloro che si sono ammassati ai cancelli, ma la regola è ancora di stampigliare sul passaporto di ognuno il timbro che impedisce di rientrare. Il suo ordine si perde nelle stanze deserte dei ministeri; al confine la tensione aumenta ancora, le guardie non ricevono istruzioni. Tempestano di telefonate gli uffici superiori, nessuno risponde o chi risponde ripete: «Continuate con la soluzione-valvola, fate passare i più agitati e mettete il timbro sul passaporto».
Il tenente alla frontiera
Al confine della Bornholmer Strasse è di servizio il tenente Harald Jäger. Alle 23:30 la pressione della folla sul confine diventa minacciosa; in mancanza di ordini superiori, Jäger decide di aprire i cancelli e di far passare tutti, senza controllare i documenti. Come lui fanno i funzionari degli altri posti di confine, per evitare una carneficina.
Jäger, intervistato tempo dopo, racconta: «Non me ne fregava più niente. Avevo una rabbia in corpo... Ho detto: basta, non ne posso più, decido io. Così ho fatto uscire tutti, senza controllare. Poi, sono entrato nella capanna della dogana, per dare sfogo alle lacrime. Ci ho trovato un'altra guardia che piangeva. Non so più descrivere quei momenti: erano terribili e bellissimi allo stesso tempo».
Non è l'onnipotente Comitato centrale del Partito, che decide di aprire il Muro di Berlino. È il tenente Jäger, sono i suoi colleghi degli altri posti di frontiera. Chi avrebbe dovuto decidere non rispondeva neppure al telefono.
Est e ovest si incontrano: e Mosca?
I berlinesi dell’Est si riversano a Berlino ovest, dove nessuno attende quella quantità di visitatori. Uno dei problemi, ricorda l’allora sindaco Walter Momper, è far sì che nei distributori di benzina ci sia miscela a sufficienza per le Trabant, all’Ovest la usano solo i ciclomotori.
La mattina dopo, 10 novembre, Krenz deve ancora chiarire una questione: cosa ne pensano di tutto ciò in Unione sovietica? Una prima telefonata con l’ambasciatore di Mosca gli gela il sangue. Poco dopo, però, l'ambasciatore richiama. «Signor Krenz! Michail Gorbačëv e la dirigenza sovietica si congratulano per aver compiuto un passo coraggioso e aver aperto il Muro di Berlino».
Nessuno si aspettava che il Muro sarebbe crollato; nessuno crede, in quel momento, che la Germania si riunificherà. Vedremo il seguito nel prossimo e ultimo articolo.
Questo approfondimento fa parte di una seria curata dal ricercatore indipendente Luca Lovisolo in esclusiva per CdT.ch. Per leggere la prima puntata clicca qui. Per leggere la seconda puntata clicca qui. Per leggere la terza puntata clicca qui. Per leggere la quarta puntata clicca qui. Per leggere la quinta puntata clicca qui. Per leggere la sesta puntata, clicca qui. Per leggere la settima puntata, clicca qui. Per l'ottava puntata, clicca qui. Per la nona puntata, clicca qui. Per la decima puntata, clicca qui.
