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Perché crediamo nei complotti: parola alla scienza

Credere a qualche notizia infondata è umano, ma come si arriva a farlo sistematicamente? Scopriamolo assieme
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Facta.News
19.07.2022 15:21

La scorsa settimana abbiamo raccontato che cos’è un complotto, chi sono i complottisti e perché le cospirazioni sono una categoria di successo della disinformazione. Credere, ogni tanto, a qualche notizia infondata è umano, ma come si arriva a considerare sistematicamente reali una serie di notizie che sono in realtà false? 

La scienza ha provato a dare una risposta. Alcuni ricercatori ritengono che l’identità delle persone e il gruppo sociale a cui appartengono abbia un ruolo centrale, altri mettono l’accento sulle capacità di riflessione razionale. Capiamo meglio di che cosa si tratta.

Tra identità e verità

Tra il 2014 e il 2017 Dan Kahan, professore dell’università di Yale, ha teorizzato la cosiddetta teoria del «ragionamento motivato» (motivated reasoning). Secondo Kahan la credenza in una teoria complottista è spesso basata su idee politiche ed è particolarmente polarizzata quando incontra persone colte e portate al ragionamento.

Kahan, ad esempio, ha notato che i repubblicani americani, in media più istruiti in ambito scientifico, sono maggiormente portati a negare il cambiamento climatico. Alcuni studi avevano anche già dimostrato come i repubblicani fossero anche più propensi a credere alla falsa notizia secondo cui l’ex presidente Barack Obama fosse musulmano.

Stando alla teoria del «ragionamento motivato», la sistematica credenza in notizie false o complotti accade perché le categorie sociali più istruite hanno le armi migliori, dal punto di vista intellettuale, per giustificare o difendere le proprie credenze, siano esse reali o meno. Alla base di questo processo ci sarebbe una valutazione inconscia del rapporto costi/benefici, come teorizzato nel 2012 di nuovo da Kahan. Credere a false notizie, in apparenza, non comporta alcun problema nella vita reale; al contrario, «mettersi contro» il proprio gruppo sociale e pensarla diversamente potrebbe arrecare danni. Motivo per cui anche persone molto istruite scelgono la prima strada.

La riflessione razionale

Non tutti i ricercatori la pensano come Kahan. Secondo altri, infatti, la sistematica credenza in false notizie o complotti è in primis collegata all’incapacità di riflettere razionalmente su un’informazione. 

Gordon Pennycook, dell’università di Regina (Canada), e David G. Rand, del Massachusetts Institute of Technology (Stati Uniti), hanno dimostrato che si tende a credere alle notizie false quando, nella valutazione di un’informazione, non vengono utilizzate al meglio le proprie capacità critiche.

Secondo i due ricercatori, la modalità con cui le notizie oggi vengono diffuse non facilita la riflessione e l’utilizzo dei social network sembra aver diminuito la nostra capacità di attenzione, oltre ad aver aumentato la propensione a condividere le informazioni acriticamente. Uno studio pubblicato nel 2020 ha dimostrato che, se a contatto con notizie che riguardavano la pandemia e il virus Sars-CoV-2, le persone condividevano facilmente contenuti falsi quando non gli veniva chiesto di soffermarsi a riflettere sulle informazioni. Al contrario, dopo la riflessione, la condivisione di notizie infondate era minore. 

Qualche consiglio utile

Difendersi dalla disinformazione non è sempre semplice, ma talvolta è sufficiente mettere in pratica alcuni semplici consigli. 

Prima di condividere una notizia, è importante riflettere sul contenuto, non agire d’impulso e risalire alla fonte originale così da valutarne l’affidabilità. Particolare attenzione va prestata, soprattutto quando si naviga sui social network, ai contenuti reali ma decontestualizzati. Si tratta di foto e video che mostrano delle scene che sono avvenute, ma in luoghi e tempi diversi rispetto all’evento che dovrebbero testimoniare. Bisogna poi ricordare che anche la satira può trasformarsi in disinformazione e, in generale, un contenuto troppo bello o troppo brutto per essere reale spesso non lo è, ma vuole solo far leva sulle nostre emozioni. Familiarizzare con gli strumenti di verifica delle notizie è un buon metodo per non cadere nella trappola della disinformazione.

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