Prese a mazzate il suo creditore, si torna in aula per l’Appello

Prese a mazzate il proprio creditore e per questo motivo - lo scorso anno - un 53.enne cittadino svizzero di origini polacche venne condannato a 13 anni e mezzo di carcere con l’accusa di tentato assassinio. Domani (mercoledì 4) e giovedì 5 giugno si torna in aula per il processo di seconda istanza. A presiedere la Corte di appello e revisione penale (CARP) sarà la giudice Giovanna Roggero-Will (a latere Federica Dell’Oro e Attilio Rampini). L’uomo sarà sempre patrocinato dall’avvocato Maria Galliani, mentre a sostenere l’accusa ci sarà il procuratore pubblico Luca Losa.
La sentenza del 2024
«Ha colpito la vittima violentemente con una mazza, approfittando del momento in cui l’uomo di fronte a lui si è girato di spalle, cercava la sua morte perché lo vedeva come la causa dei suoi fastidi. Ha agito senza scrupoli, a sangue freddo, con modalità subdole e un movente ignobile: seppellire il suo debito». Con queste parole il giudice Amos Pagnamenta, l’8 marzo 2024, aveva motivato la condanna nei confronti del 53.enne, apparso davanti alle Assise criminali. I fatti al centro del dibattimento erano avvenuti il 4 febbraio 2022 a Bellinzona.
«Voleva uccidere»
L’imputato aveva nei confronti della vittima un debito di 25 mila franchi che non riusciva a ripagare e - a mente della procuratrice pubblica Pamela Pedretti - era stato proprio questo il movente dell’aggressione: cancellare il debito eliminando il creditore. La pp aveva quindi chiesto, durante la sua requisitoria, una pena detentiva ancora più elevata di quella che poi è stata la condanna effettiva: 14 anni di carcere, ritenendo il tentato assassinio. «L’imputato non ha colpito a casaccio, ma ha aggredito sferrando mazzate violente alla testa e continuando anche quando la vittima era a terra», aveva sostenuto Pedretti in aula. «Voleva uccidere. Ha agito con premeditazione, con modalità e movente particolarmente perversi, senza tenere in conto la vita altrui, pronto a sacrificarla per i propri interessi».
«Si è solo difeso»
Di parere opposto, naturalmente, la difesa dell’imputato rappresentato - come detto - da Maria Galliani. La quale, durante la sua arringa, si era battuta per una massiccia riduzione della pena, chiedendo per il suo assistito al massimo 5 anni di detenzione: «Non è si è trattato di tentato assassinio ma un tentato omicidio per dolo eventuale, commesso in un eccesso di legittima difesa». Durante l’alterco, a mente della legale, lo scontro tra i due uomini sarebbe infatti stato reciproco, dai contorni e dalla dinamica difficilmente delineabili. E l’imputato «non aveva fatto altro che cercare di difendersi, colpendo a sua volta chi lo stava aggredendo». La Corte aveva però deciso altrimenti, ragione per cui il 53.enne e la sua patrocinatrice avevano deciso di intraprendere la strada del ricorso. La parola passa quindi ora alla seconda istanza.