Trump elimina ufficialmente i dazi sull'oro e «provoca» la Svizzera

Guy Parmelin è rientrato sabato mattina da un viaggio a Washington. Il consigliere federale, titolare del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR), ha incontrato il segretario al Commercio Howard Lutnick, il segretario al Tesoro Scott Bessent e il rappresentante per il Commercio Jamieson Greer. Su X ha parlato di «incontri costruttivi». Il DEFR non ha voluto commentare, anche per motivi «tattici» legati alle trattative.
Il direttore della Camera di commercio svizzero-americana, Rahul Sahgal, ha spiegato al Tages-Anzeiger che il fatto che Parmelin abbia potuto incontrare ben tre membri del gabinetto a Washington è un segnale positivo. Ha usato l'espressione «Frühlingszeichen», letteralmente «segnali di primavera», l'arrivo della bella stagione. La Svizzera, ha aggiunto, aveva già inviato «la settimana scorsa» un'offerta ottimizzata alle autorità competenti degli Stati Uniti. «Ciò dimostra che i negoziati sono stati riportati dal livello tecnico a quello politico. E questo può essere considerato un progresso, ma non va sopravvalutato».
Trump allenta i dazi punitivi in alcuni settori
Un problema nella disputa doganale sembra ora essere (davvero) risolto: venerdì, Donald Trump ha firmato un decreto che esclude definitivamente il commercio dell'oro dai dazi doganali. Una decisione già anticipata lo scorso 11 agosto, quando il presidente USA aveva scritto sul suo social Trurth: «Non ci saranno dazi sull'oro».
«Partiamo dal presupposto che ora tutti i prodotti in oro saranno esenti da dazi», afferma Christoph Wild, presidente dell'Associazione svizzera dei fabbricanti e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP). «Lo consideriamo un segnale positivo per il mercato dei metalli preziosi, sia a livello nazionale che internazionale». La nuova ordinanza doganale di Trump prevede inoltre delle eccezioni per gli Stati che stipulano un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Questi ultimi non dovranno più pagare dazi doganali per determinate esportazioni, tra cui aeromobili e farmaci generici. In Svizzera potrebbero trarne vantaggio le aziende farmaceutiche o la Pilatus Aircraft, a condizione che venga raggiunto un accordo tra il Consiglio federale e Trump.
L'esempio giapponese
Prima di incontrare Parmelin, lo ricordiamo, il segretario al Commercio USA Howard Lutnick aveva parlato negativamente della Svizzera in un'intervista a Bloomberg. Solo «se gli svizzeri presenteranno un modo di pensare completamente nuovo, sarò aperto al dialogo», aveva detto, citando l'accordo siglato con i giapponesi.
Con un ordine esecutivo, la Casa Bianca ha annunciato la riduzione dei dazi sulle auto giapponesi dal 27,5% al 15%. L’accordo, prevede che il prelievo del 15% sulle importazioni giapponesi non sarà sovrapposto a quelli già soggetti a tariffe più alte, come la carne bovina, mentre i prodotti precedentemente tassati a meno del 15% saranno adeguati a questa soglia. Al contempo, non saranno eliminate le tariffe su aeromobili, farmaci generici e materiali chimici. Dal canto suo, Il Giappone si è impegnato a creare un fondo di investimento da 550 miliardi di dollari destinato a sostenere infrastrutture strategiche negli Stati Uniti fino al 2029, attraverso una combinazione di investimenti diretti, prestiti e garanzie.
La Svizzera dovrebbe concludere un accordo simile? In Parlamento c'è forte opposizione. «Un accordo del genere non è nell'interesse della Svizzera», ha dichiarato al Tages-Anzeiger il consigliere nazionale socialista Fabian Molina. «In questo modo ci consegneremmo ancora di più all'arbitrio di Trump». Anche la consigliera nazionale del Centro Elisabeth Schneider-Schneiter ritiene che la Svizzera non possa assolutamente concludere un accordo del genere: «Dal punto di vista democratico, da noi non ha alcuna possibilità».
Dopo la visita a Washington, il partito di Parmelin (UDC) sostiene che sia giunto il momento di inviare il presidente della FIFA Gianni Infantino come «apripista». «Infantino ha accesso a Trump», afferma il consigliere nazionale Roland Rino Büchel. «Sarebbe negligente da parte del Consiglio federale provarci senza di lui».