La ricorrenza

Oh che bei castelli, affacciati sul mondo da 25 anni

Bellinzona: nell’autunno del 2000 i manieri, la murata e la cinta muraria ottennero il prestigioso riconoscimento quale patrimonio dell’UNESCO - Non fu facile fra dossier congelati, ripetuti viaggi a Parigi e le polemiche per il restauro del Castelgrande - Oggi la Fortezza attende la valorizzazione
Il Castelgrande. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
17.10.2025 06:00

«Il complesso fortificato di Bellinzona è il solo esempio ancora visibile in tutto l’arco alpino di architettura militare medievale e costituisce così un caso eccezionale, per le dimensioni della sua architettura adattata alla topografia e alla conformazione del territorio, tra le grandiose fortificazioni del XV secolo. Rappresenta una testimonianza esemplare di struttura militare difensiva, intesa a controllare un valico alpino strategico». I castelli, la murata e la cinta muraria della Turrita 25 anni fa entrarono nella Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Quella appena riportata è la motivazione ufficiale. Era il 30 novembre 2000 ed il comitato era in sessione a Cairns, città australiana ritenuta la porta d’accesso alla Grande barriera corallina. Dai pesci e dalle isole alle gemme della capitale del Ticino, che allora contava appena 17 mila abitanti circa, visto che l’aggregazione era ancora lontana. Sembra passata un’eternità. E per certi versi è così. Quale graditissimo regalo per il quarto di secolo fra le perle internazionali, la Fortezza riceverà nei prossimi mesi il via libera (si spera) del Legislativo cittadino e di quello cantonale alla valorizzazione da 23 milioni di franchi.

Lo «spirito» da preservare

Quasi un milione per ogni anno fra le bellezze UNESCO. Pare fatto apposta. Trovare l’intesa politica con il Consiglio di Stato per il rilancio dei manieri non è stato facile, in virtù delle difficoltà finanziarie alle quali sono confrontati sia il Cantone sia la Città. Il Municipio lo considera un progetto strategico volto ad assicurarne - alla pari di altre iniziative, come il rafforzamento del polo biomedico ed il quartiere che sorgerà alle Officine FFS - lo sviluppo socioeconomico. Una chiara e precisa identità per ognuno dei fortilizi (Castelgrande, Montebello e Sasso Corbaro), preservandone lo «spirito», e la destagionalizzazione dell’offerta turistica dovranno portare ad un aumento dei visitatori e delle ricadute economiche (commerci, alberghi, eccetera). Ma non solo. L’obiettivo dichiarato da Benedikt Wechsler, da un mese e mezzo delegato permanente della Svizzera all’UNESCO, è quello di rendere ancora più internazionali sia la Fortezza sia il Monte San Giorgio. Possibilmente creando delle sinergie con i siti esteri.

Quelle tre persone decisive

E a proposito di siti, il riconoscimento dei manieri di Bellinzona va considerato un risultato eccezionale. Allora la Confederazione poteva vantare solo tre perle, iscritte nel 1983: il centro storico di Berna, l’abbazia di San Gallo ed il convento benedettino di Müstair. Fu necessario un lavoro di squadra fra Cantone (proprietario dei castelli), Città (che allora, in parte, li gestiva) e Confederazione (essendo dei monumenti storici di importanza nazionale). Mica un gioco da ragazzi convincere tre enti pubblici. Decisivo fu il ruolo avuto da tre persone. Da un lato il consigliere federale Flavio Cotti, alla testa del Dipartimento federale degli affari esteri. Si impegnò affinché la diplomazia (la delegazione elvetica all’UNESCO e l’ambasciata a Parigi) si mettesse in moto procedendo poi all’inoltro della candidatura. I lavori di restauro del Castelgrande, svoltisi non senza polemiche nella seconda metà degli anni Ottanta, avevano permesso di riunire la documentazione storica, planimetrica e descrittiva. Ciò fu reso possibile grazie alla solerzia della Commissione nazionale dei monumenti storici e dell’allora direttore dell’Ente turistico di Bellinzona e valli Franco Ruinelli (e siamo alla seconda persona che ha reso possibile il «miracolo»).

La cartolina commemorativa

La terza è Francesca Gemnetti, a quei tempi presidente della Commissione svizzera per l’UNESCO. I suoi innumerevoli viaggi a Berna e nella capitale francese - in quanto il dossier, ad un certo punto, era stato «congelato» dal Centro del patrimonio mondiale in attesa delle verifiche sull’autenticità del sito e in virtù dell’incidenza del restyling del Castelgrande - e i contatti con la sua predecessora Doris Morf e con l’ambasciatrice Sylvie Matteucci-Keller misero alla fine sui giusti binari la candidatura bellinzonese. Che superò poi a pieni voti il sopralluogo finale da parte di due delegati. Era un giorno di aprile molto soleggiato e cittadini e turisti presero d’assalto i fortilizi, dando così un aiuto fondamentale - involontariamente - all’ottenimento del prestigioso riconoscimento.

Che per il 25. viene ricordato attraverso una cartolina commemorativa: un acquerello dipinto da Ursula Renner, in collaborazione con Ondemedia, ispirato al manoscritto illustrato Tschachtlanchronik del XV secolo. E chissà che tutto ciò non sia di buon auspicio per la candidatura di Bellinzona quale «Capitale culturale svizzera» per il 2030.

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