La Svizzera conferma l'acquisto degli F-35, ma c'è chi fa un passo indietro

«Dobbiamo accettare questa decisione». È con queste parole che, ieri, il consigliere federale Martin Pfister ha spiegato l'aumento di costo per i 36 aerei da combattimento F-35 acquistati dagli Stati Uniti «a prezzo fisso». Il «ministro» della Difesa ha pure aggiunto che gli USA non hanno nessuna intenzione di fare un passo indietro e di accontentare la Svizzera. Per avere tutti e 36 i jet, la Confederazione dovrà sborsare ben più dei 6,035 miliardi auspicati. La Confederazione questa estate ha cercato di trovare una soluzione diplomatica con Washington, ma senza successo (come accaduto con le tariffe doganali). Anche una telefonata di inizio luglio tra Pfister e Pete Hegseth, segretario della difesa degli Stati Uniti, è terminata con un nulla di fatto. E ora il Consiglio federale ha deciso di proseguire in ogni caso con l’acquisto degli F-35. Pfister dovrà presentare le sue soluzioni – strade alternative – al Consiglio federale entro la fine di novembre.
Ma c'è qualcuno che potrebbe comportarsi in modo diverso rispetto alla Svizzera. «Gli alleati (degli Stati Uniti), stanchi dell'ultima tornata di dazi punitivi e richieste di spesa di Donald Trump, stanno colpendo il presidente USA dove fa più male: il suo jet da combattimento preferito», cioè proprio l'F-35. È quanto scrive Politico.
La Spagna, in seguito a una disputa con Washington sul nuovo obiettivo del 5% di spesa per la difesa della NATO (gli alleati dalla NATO si impegnano a investire il 5% del PIL annuo nelle esigenze fondamentali di difesa e nelle spese relative alla sicurezza entro il 2035, in conformità con l'articolo 3 del Trattato di Washington, come deciso al Vertice dell’Alleanza atlantica all’Aja, ndr.), ha abbandonato l'acquisto multimiliardario del caccia invisibile. E l'India, continua Politico, frustrata dai prezzi più alti dei suoi beni imposti dagli Stati Uniti, avrebbe deciso di sospendere gli sforzi per acquistare veicoli da combattimento americani.
«Queste mosse, tutte compiute nelle ultime due settimane, mostrano le potenziali conseguenze delle azioni economiche di Trump, che si ripercuotono sulle capitali alleate, costringendo i governi a rivalutare i loro legami con gli Stati Uniti in materia di difesa. Rafforzano inoltre i timori dell'industria americana che questa nuova forma di protezionismo possa scatenare ritorsioni, mettere a repentaglio le vendite di armi e indebolire il predominio dell'America come principale fornitore di difesa al mondo».
Il giornale cita anche la Svizzera ch, «scossa dai dazi elevati degli Stati Uniti, sta subendo crescenti pressioni da parte di tutto lo spettro politico affinché abbandoni i piani per i propri aerei da guerra F-35». In realtà, dopo l'annuncio di ieri del capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), a schierarsi contro l'acquisto dei caccia sono solo il PS e i Verdi. Per il PLR, la decisione è «dolorosa, ma giusta», mentre per il Centro «il Governo sta agendo correttamente», ma deve trovare una soluzione per rimanere fedele alle decisioni prese dal popolo (e dunque con un tetto massimo di circa 6 miliardi di franchi).
Davvero Trump mette a rischio la vendita di armi?
I dazi sono «un grosso dito medio» agli alleati che gli Stati Uniti hanno sollecitato per anni ad acquistare equipaggiamenti americani, ha affermato a Politico Jim Townsend, ex funzionario del Pentagono che ha supervisionato la politica europea e della NATO. «Tutte queste nazioni si sentono ferite dagli Stati Uniti».
L'F-35, prodotto da Lockheed Martin, è particolarmente vulnerabile a questo tipo di turbolenza economica, è l'analisi di Politico. I suoi componenti provengono da oltre 100 fornitori in tutto il mondo e i grandi ordini esteri contribuiscono a mantenere basso il prezzo di ogni aereo. Se i Paesi si ritirano o riducono la produzione, i costi aumentano per tutti. La decisione della Spagna di non investire nell'F-35 potrebbe orientare miliardi verso l'Eurofighter Typhoon, decisione presa da Regno Unito, Germania, Italia e Spagna, e verso il Future Combat Air System franco-tedesco, un sistema di droni e caccia stealth di nuova generazione previsto per il 2040. I funzionari spagnoli hanno citato la necessità di «sovranità industriale, catene di approvvigionamento europee più forti e partner più affidabili».
Secondo un ex funzionario del Pentagono, che si è espresso con Politico, la perdita di ordini dalla Spagna (o persino dalla Svizzera) avrebbe un impatto immediato limitato sulla produzione. Quegli aerei non sarebbero entrati in produzione prima di un anno e altri clienti avrebbero potuto facilmente sostituirli. Ma qualsiasi perdita prolungata di acquirenti stranieri potrebbe far salire i prezzi dell'intera flotta. «Il mix di dazi e intimidazioni pubbliche di Trump sta inoltre alimentando le ambizioni del continente in materia di armamenti, ispirate al cosiddetto "Make in Europe". Tuttavia, molti funzionari europei avvertono che, nel breve termine, l'industria della difesa dell'UE è ben lontana dal produrre tutti gli armamenti necessari a sostituire quelli prodotti negli Stati Uniti, il che significa che qualsiasi passaggio all'autosufficienza dovrà essere graduale».