Samantha Bourgoin: «Arginare le balle monumentali UDC e i partiti di Governo che strillano»

Con la co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin chiudiamo la serie di otto interviste di fine estate ad esponenti di primo piano dei principali partiti. In ordine cronologico: Matteo Pronzini (MPS), Alessandro Speziali (PLR), Amalia Mirante (Avanti con Ticino& Lavoro), Fiorenzo Dadò (Centro), Daniele Piccaluga (Lega), Fabrizio Sirica (PS) e Piero Marchesi (UDC).
Samantha Bourgoin, che fine hanno fatto i Verdi? Sembrate spariti dalla scena politica.
«Beh, vede, è un po’ come la canicola quando si parla di riscaldamento climatico. Capisce? Non si vuole parlare di riscaldamento climatico, ma la canicola c’è. Eccome se c’è. E allora negare l’evidenza non mi pare una grande trovata. Comunque garantisco, ci siamo. Eccome se ci siamo».
Sbaglia chi vi ignora?
«Forse siamo meno propensi ai fuochi d’artificio o alle sterili fiammate del mondo della politica, ma le nostre idee, prima o poi, s’impongono perché sono attuali. È capitato per il salario minimo, in vigore dall’anno scorso, capiterà per il fondo destinato alle catastrofi naturali, che abbiamo proposto ben prima di Fabio Regazzi, o con la remunerazione più equa della corrente fotovoltaica che oggi è una presa in giro irrispettosa dei cittadini, solo per fare degli esempi. Capita che siano poi altri a raccogliere i frutti, ma quello che per noi conta è che qualcuno metta il seme. Poi in ogni caso è sempre meglio l’originale e non la copia. O peggio, la brutta copia».
Insomma, dite sempre le stesse cose. O no?
«Che vogliamo una società sostenibile, rispettosa dell’essere umano e della natura? Già quarant’anni fa mettevamo in guardia dai pericoli che oggi ci colpiscono, ad esempio il surriscaldamento del clima con il suo corrollario di disastri sempre più pervasivi che pesano sulla nostra qualità di vita. Non è che a non dirle poi le cose non succedono. È che poi si perde tempo prezioso, molti soldi, e quello che è imperdonabile si perdono vite umane. Ma forse si potrebbe anche riconoscere che finora abbiamo avuto ragione. O mi sbaglio?».
Sa che leggo nelle sue parole un filo di vittimismo per mascherare il fatto che non abbiate più il successo degli anni prepandemici?
«Garantisco, nessun vittimismo. Siamo orgogliosi di essere un pungolo, un pungolo necessario, che può dare fastidio ma che a lungo non puoi ignorare».
C’è la sostanza, ma anche la forma. Questa vi fa un po’ difetto. Siete timidi o vi mancano uomini e donne in grado di catturare attenzione e considerazione, compresa quella mediatica?
«Ci troviamo nella seconda parte di una legislatura che ha una caratteristica poco onorevole. È una legislatura gridata. E il paradosso è che chi ha la maggioranza in Governo e in Parlamento gioca anche all’opposizione quando avrebbe i numeri per decidere tutto e osa addirittura fare la vittima, come la Lega di questi tempi che accusa il Governo di aver perso il controllo sulla spesa pubblica. Noi Verdi siamo gli unici ad aver mostrato con i dati alla mano degli ultimi 20 anni, raccolti da un lavoro certosino di Marco Noi, che in realtà la spesa pubblica del nostro cantone non è fuori controllo».
Però c’è anche Berna che dà meno di un tempo al Ticino?
«Infatti. Se nello stesso periodo avessimo ricevuto da Berna un contributo equivalente alla mediana degli altri cantoni, a questo punto avremmo incassato – si tenga forte – ben 4 miliardi di franchi in più, di che azzerare addirittura il debito pubblico del nostro Cantone e avere in più 1,5 miliardi a disposizione per fare una politica sociale e ambientale che merita questo nome».
E quindi?
«C’è un problema di governance nel far valere le ragioni del Ticino a Berna. Invece di guardare a questo svantaggio competitivo enorme, darci da fare per sviluppare più forza contrattuale a Berna, perdiamo energie in mini-arrocchi e teatrini vari. Forse vale la pena che si diano una mossa».
Contro chi punta l’indice?
«Verso i partiti di Governo che hanno i numeri, qui come a Berna, per decidere e incidere, ma strillano in maniera scomposta. Noi rimaniamo coerenti: cito ad esempio il lussuoso involucro per il Palazzo di Giustizia bocciato dal popolo. Il rapporto che ne bocciava l’acquisto l’ho scritto io e nessun rappresentante di nessun altro partito lo ha firmato, se non poi assumere il merito del no del popolo. Non ne faccio una malattia, ma trovo giusto dirlo».
È la legislatura della confusione?
«Non proprio. Nelle commissioni parlamentari si lavora discretamente bene».
Intende tra voi e il PS?
«Non solo. Ma in primis lavoriamo assieme davvero, io ad esempio lavoro a stretto contatto con Ivo Durisch e tra noi e il PS le cose funzionano. Vorrei proprio vedere come sono gli incontri tra Lega e UDC per discutere dei temi. Ma poi in commissione si cercano alleanze trasversali, dossier per dossier».
PS e Verdi hanno trovato la giusta rotta?
«Ci troviamo, spesso lontano dai riflettori».
Ma alle elezioni immagino ci terrete anche voi.
«Certo e sappiamo che dovremo profilarci bene. La sfida sarà emergere tra il caos. Con la serietà che ci contraddistingue».
Non facciamo però le verginelle. Nel 2023 avete fatto una strategia chiara: via libera a Carobbio per il Governo in cambio di un patto di non belligeranza per Gysin al Nazionale. O sbaglio?
«Andare d’accordo non credo sia una colpa, anche se i media sono più interessati alle beghe. In realtà ci siamo alleati al PS più che per un calcolo elettorale per portare avanti i nostri temi e cercare di arginare le balle monumentali che avanzano dal fronte UDC. Perché noi lo vediamo, l’UDC ha una grande capacità di semplificazione. Ogni tema va bene per fare bagarre, per raccontare anche molte bugie o mezze (interessate) verità, amplificate da campagne milionarie, con il risultato che altri partiti per paura di perdere rilevanza la seguono».
La parola d’ordine è «reagire» o «resistere»?
«L’obiettivo nostro è quello di cercare di fare un fronte di resistenza e di serietà. Ma veramente come popolazione ci dobbiamo chiedere che senso ha votare politici di partiti che hanno i numeri per decidere e non lo fanno. Al prossimo giro lasciamoli a casa».
Brutti e cattivi: siamo sempre al vittimismo?
«No, non siamo portati a raccontare balle e non ci interessa imparare. Ma ci aiuterebbe senz'altro essere più spregiudicati. Ma abbiamo il vantaggio di poterci guardare allo specchio senza vergogna».
Sta pensando a chi grida «arrocco!»?
«Un consigliere di Stato, penso a Norman Gobbi, ha detto che gli mancavano degli stimoli. Ma scherziamo? Non credo che debba essere una preoccupazione della popolazione di quanto un consigliere di Stato sia motivato. Se non ha più spinta si deve ritirare. Ma si vergognino per le parole dette in quella domenica roboante sul loro domenicale e per tutto quello che è arrivato i giorni successivi».
E dell’assenza di Zali alla seduta straordinaria cosa ne pensa?
«Di certo non è la priorità della sua legislatura avere buoni e rispettosi rapporti con il Gran Consiglio, ma può ancora sorprenderci e presentarsi. Staremo a vedere».
Senza Zali il Territorio sarà meno verde? C’è delusione?
«Se veramente Zali è il ministro più verde che possiamo avere, se veramente fa politica verde con così grande convinzione da poterla lasciare da un momento all’altro, vuol dire che non la sta facendo con abbastanza cuore. Il Piano Energetico e Climatico Cantonale, che risponde anche a un nostro atto parlamentare è ancora lì da difendere. Sì, siamo delusi dalla facilità con cui si sarebbe liberato dei suoi impegni. È vero che è una persona che apparentemente è poco simpatica e empatica, però non ho mai messo in dubbio la sua serietà, adesso parlo a livello personale. E questa disinvoltura nell’abbandonare, chiamiamola la baracca, mi ha lasciato veramente sconcertata».
Insomma, è tutto un gioco?
«Me lo si permetta. Non sarà elegante ma tutta questa storia è una grande paraculata. E questo è peccato perché noi nelle azioni di Governo non abbiamo bisogno di codardi, abbiamo bisogno di coraggiosi, come ai primi tempi del Covid».
È inquietante per voi immaginare che certi dossier di Zali vengano presi in mano da Gobbi?
«Intende le costruzioni? Non abbiamo niente di personale contro Gobbi, starà poi a lui nei fatti a dover dimostrare di essere in grado. Resta il fatto che anche un mini arrocco a neache due anni dalle prossime elezioni non ha senso».
La politica è anche fatta di intese e oltre a quella con il PS c’è l’MpS che vi ha fatto una proposta ma lamenta una mancata risposta…
«Capisco che Matteo Pronzini aveva necessità di dirlo pubblicamente. È incredibile, non riescono a non essere protagonisti, è un limite dell’MpS. Avevamo comunque detto che ci saremmo sentiti dopo le vacanze, non abbiamo chiuso la porta a nessuno».
E il 28 settembre si vota sulle casse malati: «premi 10%» e deduzioni fiscali. Un bel confronto?
«Avanti tutta sul limite del 10% e bocciatura in toto per l’iniziativa della Lega. È una grande occasione di dare una rotta più sociale ai premi di cassa malati. Andremo ad aiutare il ceto medio, mentre la deduzione fiscale è solo un regalo ai ricchi e una specialità della destra. Non ne hanno bisogno».
E come compensare il corposo onere di centinaia di migliaia di franchi?
«Bisognerà sicuramente adeguare il coefficente cantonale d’imposta. Pagare parte dei premi con le imposte fa sì che tutti contribuiscono in base alla propria forza finanziaria. Il ceto medio, ovvero oltre il 60% della popolazione riceverà molto ma molto di più di quanto dovrà dare. Sarà il vero vincitore».
Ma come? Mettere le mani nelle tasche dei cittadini non è un problema?
«Oggi i soldi dalle tasche li si tolgono con i premi di cassa malati esorbitanti. In questo caso è un’azione pienamente giustificata. È ridistribuzione della ricchezza da chi ha molto, al ceto medio, che paga sempre di più senza ricevere aiuti».