Il caso

Due eccellenze ticinesi verso l'unione

Bellinzona, l'Istituto di ricerca in biomedicina e quello oncologico stanno valutando la possibilità di un «matrimonio» così da crescere ulteriormente: insieme conterebbero 300 collaboratori - Gabriele Gendotti: «Gli aiuti federali e cantonali stagnano» - Mentre si rilancia l'idea dell'ospedale universitario
Il direttore dell'IRB Davide Robbiani (a sinistra) con il presidente Gabriele Gendotti. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
08.09.2025 06:00

La ricerca scientifica genera sapere. E quest’ultimo è la chiave del futuro. Innovazione. Formazione. Collaborazioni. Conoscenza. Scoperte. L’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) di Bellinzona è un’eccellenza ticinese. Sabato ha soffiato sulle 25 candeline con una cerimonia alla quale hanno preso parte numerose autorità e personalità accademiche. È stata l’occasione per ripercorrere i traguardi raggiunti e, soprattutto, per guardare al futuro.

Perché l’obiettivo - come ci avevano spiegato nella lunga intervista pubblicata il 29 agosto scorso il presidente Gabriele Gendotti ed il direttore Davide Robbiani - è quello di crescere. E per farlo servono altri finanziamenti e, con ogni probabilità, l’unione con l’Istituto oncologico di ricerca (IOR) che dovrebbe avvenire entro pochi anni. Complessivamente si arriverebbe a 300 collaboratori e a 22 gruppi di ricerca.

La capitale ha messo 20 milioni

«Oggi, nella piccola Bellinzona, giungono ricercatori da tutto il mondo, talenti in grado di cimentarsi in discipline che guardano lontano, osservano elementi infinitamente piccoli, interpretano e leggono segni della vita, invisibili agli occhi e inintelligibili alle menti dei più. E, attraverso questo faticoso e ingegnoso processo di indagine, contribuiscono ad aprire nuovi orizzonti di speranza a tante persone affette da malattie debilitanti». Uno degli assi strategici della Bellinzona aggregata era, e rimane tuttora, il rafforzamento del polo biomedico. Il sindaco Mario Branda ha ricordato l’impegno della capitale, anche finanziario, con investimenti che hanno oramai superato i 20 milioni.

Riflessioni sul domani

Il presidente Gabriele Gendotti, dal canto suo, ha sottolineato che la ricorrenza ti costringe a «capire come e in che misura vogliamo e possiamo crescere, come vogliamo posizionarci nei prossimi 10-20 anni, come possiamo contribuire allo sviluppo del sistema della formazione accademica e della ricerca scientifica della Svizzera italiana». I progetti di ricerca complessivamente ottenuti in questo quarto di secolo ammontano ad oltre 170 milioni di franchi.

«Vittime del nostro successo»

Più ricerca significa più entrate. Ma i finanziamenti degli enti pubblici (Confederazione e Cantone) «stagnano e non tengono conto dell’evoluzione dei costi. Alla politica chiediamo dunque di incrementare i finanziamenti di base». In prospettiva, inoltre, «bisogna individuare nuovi strumenti di raccolta fondi e nuovi partner per ottenere maggiori risorse. Si può quasi affermare che l’IRB è vittima del suo successo». Un successo che lo accomuna allo IOR. I due istituti potrebbero unirsi «dopo una seria valutazione dei pro e dei contro».

Quel sogno chiamato Politecnico

Auspicio condiviso dal presidente dello IOR Franco Cavalli, il quale attende il via libera di Berna alla nuova sede da quasi 60 milioni (prevista vis-à-vis l’IRB ed impreziosita da un auditorio) che «spero possa essere pronta all’inizio del 2029». Uno dei capifila del Ticino della conoscenza è il dottor Giorgio Noseda, presidente onorario dell’IRB. Il professore ha un sogno: «Da anni il Ticino chiede la creazione di un terzo Politecnico federale nella Svizzera italiana. I laboratori potrebbero trovare spazio nell’innovativo quartiere che sorgerà alle ex Officine FFS in città».

Il direttore Davide Robbiani ha osservato che per progredire vanno «attirati e trattenuti i talenti e occorre accedere ad infrastrutture e tecnologie altamente avanzate. Questa è per noi una grande sfida, tutt’altro che facile».

La punta di diamante

Secondo il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi l’IRB di Bellinzona è «uno dei più grandi successi ai quali il Canton Ticino abbia assistito nella sua storia contemporanea. Siete la punta di diamante. Una storia di scienza e di imprenditoria, certo, ma anche di curiosità, coraggio, lungimiranza e tenacia. Tutte qualità di cui il nostro Paese ha un grande bisogno per affrontare le sfide interne ed esterne che questo strano momento storico porta con sé».

Il consigliere di Stato ha infine puntualizzato che l’istituto dev’essere un esempio per il Ticino di domani, affinché possa nascere «un sistema di progresso integrato fatto di arricchimento umano, culturale, sociale prima ancora che economico. Un sistema che, per collegarmi a un tema di stretta attualità, rappresenta anche la migliore risposta possibile ai timori sulla ‘fuga di cervelli’».

Ci vuole ambizione

Tutto quanto fatto finora nel campo delle scienze della vita e nella ricerca accademica è il «preludio a un progetto ancora più ambizioso, da affrontare sul lungo periodo: la creazione di un ospedale universitario, da sviluppare insieme all’Ente ospedaliero cantonale secondo un modello innovativo, sostenibile e calibrato sulla nostra realtà». La rettrice dell’USI Luisa Lambertini caldeggia quanto rilanciato dai vertici dell’IRB nell’intervista al CdT citata in precedenza. Per riuscirci vanno consolidate le sinergie locali e costruite delle alleanze strategiche a livello svizzero ed internazionale.

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