Il caso

Tappeto rosso per l'Arti e mestieri (ma ci vorranno anni)

Bellinzona: via libera del Gran Consiglio alla mozione che chiede di trasferire la scuola nel futuro quartiere che sorgerà al posto delle Officine FFS - Tuttavia vi sono alcuni aspetti da chiarire, a partire dalla pianificazione che dovrà essere rivista e dalle analisi del DECS
© CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
18.12.2025 13:30

Non ce ne vogliano i 55 granconsiglieri (e i sei che si sono astenuti) che ieri, a tarda sera, hanno accolto la mozione inoltrata quasi cinque anni fa da Fabio Käppeli (PLR, oggi vicesindaco di Bellinzona, allora deputato) e Michele Guerra (Lega) nonché diversi altri cofirmatari che chiede di trasferire la Scuola d’arti e mestieri nel quartiere cittadino che sorgerà dopo il 2030 al posto delle Officine FFS. Ma il loro sì è più che altro di principio. Per due motivi. In primo luogo in quanto Municipio, Ferrovie e Cantone stanno rivedendo la pianificazione del comparto, di poco più di 100 mila metri quadrati, dopo che il Tribunale cantonale amministrativo ha annullato il via libera del Legislativo del 4 aprile 2023 al Piano particolareggiato. Secondariamente alla luce del fatto che il Governo, sulla base del Programma di legislatura, sta analizzando nel dettaglio la possibilità di concentrare gli attuali centri professionali e i relativi istituti in Centri di competenza «integrati nel sistema formativo cantonale», come ha affermato la direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) Marina Carobbio Guscetti.

Sinergie e competenze

La «cittadella della tecnologia», insomma, potrebbe accogliere un altro inquilino. Andrebbe ad aggiungersi al Parco dell’innovazione, al Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI, ai laboratori di ricerca, alle eventuali startup nonché ai contenuti di carattere formativo, amministrativo, culturale, sociale, residenziale, alberghiero e commerciale previsti. E magari pure un’«antenna» del Politecnico federale di Zurigo. Non solo. Secondo i mozionanti spostare la Scuola d’arti e mestieri significa operare in modo lungimirante pure sotto un’altra prospettiva. Si libererebbero infatti degli spazi per i servizi del Cantone in una posizione strategica, vicina al semisvincolo e ad un tiro di schioppo dal centro storico e dalla futura fermata ferroviaria in piazza Indipendenza. Il Consiglio di Stato, dopo aver espresso scetticismo sul trasferimento dell’istituto, ora ha rivalutato le sue intenzioni.

Sentito in audizione nelle scorse settimane dalla Commissione formazione e cultura, il direttore della Divisione della formazione professionale Paolo Colombo ha affermato che «sono in atto delle riflessioni che matureranno nel corso dei prossimi tempi, anni. Si tratta in particolare di valutare il potenziale di sinergie fra scuole e filiere di formazione. In futuro saremo chiamati a lavorare in termini di filiere, che vanno dalla professionale di base e professionale superiore all’universitario, dunque con un particolare riferimento alla SUPSI. Con questo progetto avviato dal Consiglio di Stato si vogliono appunto analizzare questi nuovi assetti, queste nuove sinergie fra le varie scuole, in un contesto anche inserito dinamicamente nello sviluppo e nell’attrattiva del cantone».

Il sostegno della SUPSI

Il direttore della SUPSI Franco Gervasoni, dal canto suo, di fronte al consesso ha puntualizzato che l’auspicio è quello di «poter essere vicini e sinergici, perché vediamo che effettivamente sono degli ambiti dove comunque anche le altre scuole universitarie professionali si muovono e dove i nostri studenti trovano anche spazio». Meccanica, elettronica, innovazione e ricerca sotto lo stesso tetto. Così si favorirebbero le collaborazioni e lo scambio di idee e potrebbero ulteriormente svilupparsi le competenze. Come succede a Friburgo, d’altronde. Tuttavia bisogna essere consapevoli - lo dicevamo all’inizio - che ci vorranno anni per implementare il progetto. Lo sa bene pure la Commissione, come messo nero su bianco nel rapporto (relatori i deputati PLR Tiziano Zanetti ed Arnaldo Caccia): «Una soluzione a breve termine non è attuabile, ma si è consolidata la visione che per dare la possibilità di trovare delle soluzioni ottimali occorre in ogni modo già pianificare con largo anticipo una realtà che vedrà la luce tra 15-20 anni. Di conseguenza, e tenendo conto delle differenti sensibilità emerse in sede di discussione, ci siamo trovati in parte a sostenere la visione cantonale, ma anche di già proporre un vincolo in merito a quanto richiesto dai mozionanti».

Prima, però, si attende la pianificazione «rivista» del comparto. E poi dovranno essere bonificati i terreni.

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