L'editoriale

Un passo indietro parziale ma dovuto

Dall'autosospensione di Norman Gobbi dalla responsabilità politica della Polizia cantonale a una riflessione più ampia che stemperi i toni troppo tesi degli ultimi giorni
Paride Pelli
28.03.2024 06:00

Dopo una seduta fiume a Palazzo delle Orsoline, nel tardo pomeriggio di ieri sono stati diramati prima il comunicato di Norman Gobbi poi, nel giro di pochi minuti, quello del Consiglio di Stato: il direttore del Dipartimento delle istituzioni ha deciso «a malincuore» di autosospendersi dalla responsabilità politica della Polizia cantonale finché le inchieste in corso, amministrativa e giudiziaria, non saranno terminate.

Quello di Gobbi, che ribadisce con forza «la sua totale estraneità a qualsiasi ipotesi di comportamento pur solo scorretto», è un passo indietro (parziale, perché mantiene la direzione del Dipartimento delle istituzioni) che si è reso necessario, quasi inevitabile, dopo l’apertura dell’inchiesta della Magistratura nei confronti di un agente e contro ignoti per abuso di autorità o favoreggiamento, in particolare nella procedura adottata dalla polizia nei rilevamenti, in seguito all’incidente stradale del novembre dello scorso anno che ha visto coinvolto Gobbi.

Un atto dovuto, di responsabilità ma anche di opportunità, quello di Gobbi, che scongiura eventuali conflitti di interesse, tensioni o prove di forza a livello di Governo e che toglie dalle sue spalle e da quelle dell’Esecutivo una pressione politica che nelle ultime ore si era fatta molto pesante. Anche ieri i suoi colleghi non hanno voluto rilasciare dichiarazioni, come è logico che sia in questi delicati frangenti. Ora, dopo i tanti, forse troppi silenzi su questa vicenda, è giusto che la parola passi in modo netto soltanto alla Magistratura: non possiamo che augurarle buon lavoro e, al consigliere di Stato, di uscirne immacolato.

Ma intanto che le indagini proseguono, vogliamo partire dal caso Gobbi per fare una riflessione più ampia che stemperi i toni troppo tesi degli ultimi giorni: una riflessione che interesserà soprattutto i nostri lettori e le ragioni per cui ogni anno, pagando, rinnovano l’abbonamento al nostro giornale per restare informati con accuratezza sui fatti del nostro territorio.

Dopo la dettagliata interpellanza del deputato Fiorenzo Dadò al Consiglio di Stato, da cui il caso Gobbi è esploso, siamo rimasti colpiti non tanto dal polverone politico che si è sviluppato intorno alla vicenda, essendo in pieno corso la campagna elettorale per le Comunali del 14 aprile, ma dalla strategia adottata da chi, accusando a man bassa il lavoro dei giornalisti, ha sperato fino all’ultimo che l’attenzione dei lettori (e degli elettori) si spostasse magicamente dalla vicenda a chi, per professione, ne dava conto sui media.

Ancora ieri l’altro, tra le numerose reazioni all’apertura dell’indagine penale, c’è chi ci ha accusato di sciacallaggio mediatico, di sostituirci alla magistratura, di distorcere i fatti, se non di inventarli. Ancora prima ci era stato detto che avremmo dovuto aspettare in silenzio la risposta del Consiglio di Stato all’interpellanza di Dadò, soprassedendo di fatto al nostro diritto e dovere di cronaca. Risposta che peraltro adesso è stata messa in sospeso, in attesa dello svolgersi delle indagini. Di cui daremo naturalmente conto, dal momento che il nostro lavoro è quello di informare in modo puntuale, senza inutili orpelli e aggettivi, e di porre domande mirate che necessitano risposte concrete.

Dovessimo seguire il diktat del ritirarci in buon ordine per non interferire con la politica – e non ci riferiamo solo al caso Gobbi – i media dovrebbero ridursi al silenzio o quasi, salvo tornare utili per ospitare candidati e far passare messaggi, specie nel periodo elettorale.

Una soluzione, quella della museruola, che alcuni probabilmente auspicherebbero – è d’altronde sotto gli occhi di tutti che negli ultimi anni i media sono sotto pressione e che in pochi a livello politico si siano veramente adoperati per difenderne ruolo e importanza – ma che sarebbe un danno irreversibile per la stessa democrazia e per tutti i lettori che hanno il diritto ad una informazione più completa possibile.

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